sabato 25 febbraio 2017

SIAMO STANCHI DI SCISSIONI

Foto di Claudio BONIFAZIO
Come tutte le vulgate, contiene un nucleo di verità che serve a presentare la convincente deformazione. Siamo stanchi di scissioni. E mettetevi d'accordo. La sinistra perde quando e perchè si divide. La sinistra perde perchè non ha un leader e lo fa fuori poco dopo averlo trovato.
Nella parte del padre nobile che torna a soccorrere l'accidentata indipendenza riconosciuta al figliuolo ora alle prese con le solite malattie, Veltroni evoca i nomi legati alle tante vittorie mutilate dal tradimento fratricida: Occhetto, Prodi, Bertinotti, D'Alema. E, dimenticando che persino il cristianesimo è nato dalla scissione di Paolo di Tarso, somministra al martoriato popolo del Pd la sua illuminante interpretazione neocattolica dell'ultima catastrofe: è un demonio.
Starei per dire che da una vita abbiamo tra i piedi questo demonio. Ma io ho solo 64 anni e non basterebbe risalire a Turati, Gramsci o Bordiga. Bisognerebbe tornare a Marx, Bakunin, Mazzini, Bernstein, Plechanov e il rinnegato Kautsky. Non trascurerei Leone XIII. Un continuo vivere e convivere e sopravvivere di pluralismo e unità, di gradualismo e intransigenza, di riformisti e rivoluzionari, di governativi e antagonisti, di generosità e ambizioni, di alleanze e di rotture.
Questo demonio va guardato in faccia e non lo si combatte con ricatti settari, etici o religiosi. Nulla salus extra ecclesiam? I precetti disciplinari servono a veicolare una lettura consolatoria, ma capovolta della realtà. Chi trova convincente il punto di vista dell'avversario, può strapparsi le vesti se l'avversario conquista consensi, sbaraglia la concorrenza e prende il potere? Secondo me no, e perde anche la capacità di spiegare alla sua gente i compromessi e gli arretramenti necessari quando bisogna difendersi e scegliere il male minore.
Questo per dire che sono molto interessato a seguire le riflessioni di Andrea Ranieri comparse sul manifesto. Non siamo giudicati per ciò che diciamo, per i voti, gli assessori, i parlamentari, i ministri, i governi che perderemo o prenderemo. Siamo giudicati per ciò che facciamo con le leggi e con i contratti, ma specialmente per ciò che facciamo al fine di migliorare la vita quotidiana della gente che lotta e non lotta per la salute, il lavoro e l'istruzione.

Mario Dellacqua

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