mercoledì 6 gennaio 2016

MARCO BRAICO TORNA SUI LIBRI


Mattinata intrigante al Prever, ospite il prof. Marco Braico, fisico e juventino che, attraverso i suoi libri rivisita il suo viaggio all'inferno della malattia e ritorno. I punti di approdo del suo bildungsroman sono forse riassumibili in poche parole e ci provo: riscoperta del valore della vita anche quando sepolta o nascosta tra le pieghe (e le piaghe) di una quotidianità altrimenti mal sopportata nel suo monotono grigiore; riconciliazione serena con i propri limiti e combattività per superarli anche a costo di arrivare solo alla metà di tutto (lui chiama pazzia questa resistenza alla sfiga); ricerca di relazioni solidali e gratuite come via della possibile felicità (lui dice che di fronte alla morte il portafoglio non conta più, ma se è un modo per dire che la ricchezza non fa la felicità, figuriamoci la sfiga della povertà).
E visto che siamo tutti scrittori perchè ci mandiamo tanti messaggini equivalenti a tre romanzi al mese e visto che in quei messaggini c'è tanta umanità, abbracciamoci. E ci siamo abbracciati cazzo.
La provocante e gigiona istrioneria di Braico, tipica del vecchio insegnante pateticamente e disperatamente pronto a studiarle tutte pur di ridurre le distanze che lo separano dai suoi studenti, non si ferma di fronte alla volgarità e al turpiloquio. E siccome col cazzo diventiamo tutti più sinceri, non teme di sconfinare nel greve: forse pensa in questo modo di imprimere maggiore efficacia comunicativa alla “positività” del suo messaggio.
Io però sono un po' lì che non so. Non è vero che gli studenti non si abbracciano. Sanno benissimo chi abbracciare. Sì, forse dovremmo abbracciarci di più, ma una più intensa terapia dell'abbraccio non si diffonde per decreto ministeriale. E perchè Braico vuole che la gente si abbracci di più se diffida di tutti al punto di pretendere di consegnare lui Tv, monitor e lenzuola colorate agli ospedali che aiuta con i proventi dei suoi libri? Se il variegato mondo del volontariato nutrisse la medesima diffidenza preventiva, non ci sarebbe nessuna Libera, nessuna Emergency, nessuna Croce Rossa, nessuna Caritas, nessun medico senza frontiere. E che cazzo, un po' più di positività. Non siamo tutti circondati da lupi e da squali. Ci sono anche tanti colibrì che fanno la loro parte senza nessuna gratificazione pubblica.
E a proposito di volontariato, Braico dice che bisogna andarci piano perchè finisce di caricare sulle sue spalle il costo di interventi di sostegno dei più deboli o di assistenza dei malati che dovrebbero invece essere garantiti dallo Stato. Interessante, ma allora perchè raccogliere fondi da destinare al ripristino delle tutele e delle prestazioni sanitarie tagliate dai governi? Le risorse della solidarietà vanno attivate per difendere la civiltà di un popolo, ma se un malintenzionato aggredisce un mio amico e gli rompe i denti, io partecipo alla colletta per pagargli il dentista stavolta, ma la prossima volta mi preoccupo di fermare l'aggressore e di disarmarlo. Così dovremmo disarmare i governi che oggi chiudono un ospedale a Pomaretto, domani un reparto a Carmagnola, dopodomani un altro a Moncalieri. Presto anche Pinerolo sarà interessata da analoghi provvedimenti restrittivi. I sindaci del pinerolese hanno invitato le popolazioni a manifestare la loro disapprovazione: il pomeriggio del 10 ottobre solo tremila persone sono intervenute. Avremmo dovuto essere decine di migliaia.
Mettiamola pure in positivo e non lasciamoci scoraggiare, però non raccontiamoci balle e non somministriamoci episodi edificanti e consolatori. Muoversi o commuoversi? La vita è bella anche nei lager, ma solo nella favola di Benigni. Il male, la morte e il dolore sottoforma di malattia o di ingiustizia sociale fanno parte della vita. Rimuoverne la compagnia è impossibile. Essa può comparire quando meno te lo aspetti a graffiare e guastare il lieto fine.
Speriamo che la morte ci sorprenda vivi. Forse sbaglio, ma suggerisco di non aspettarla aspettando dagli altri un mondo di buoni esempi. Meglio imparare a governare i piccoli conflitti normali della vita quotidiana e i grandi conflitti straordinari dell'età contemporanea con il linguaggio del rispetto, con relazioni solidali, con l'impegno partecipativo, con l'apertura verso quel goccio di verità nascosto in tanti pareri scomodi, con la fatica dei testi argomentativi. Non con la scorciatoia degli insulti o delle battute liquidatorie e sprezzanti tanto di moda oggi.

Mario DELLACQUA

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