martedì 28 ottobre 2014

40 anni in una pagina

Nell'ottobre del 1979, Piero Baral veniva licenziato dalla Fiat insieme con altri 60 dipendenti accusati di comportamenti sleali e lesivi per l'efficienza produttiva dell'azienda. L'accusa più grave legava al terrorismo l'insubordinazione contestata ai lavoratori oggetto del provvedimento. 35 anni dopo, Piero celebra l'anniversario cercando un'aggiornata interpretazione di quell'evento che segnò una svolta nella sua esperienza politica e nella sua vicenda umana, sempre intimamente legata a quella fase turbolenta delle lotte operaie.
“L'economia va a rotoli, la crescita ristagna, la miseria cresce, la guerra dilaga, le rivolte si diffondono. Il capitale internazionale impone agli stati manovre economiche "lacrime e sangue" per risanare i bilanci pubblici, suscitando in cambio la ribellione del proletariato e delle mezze classi rovinate. L'Italia, il capitalismo più antico del mondo, è praticamente in vendita”.
 
Anni Settanta
Le BR, Prima Linea ed altri gruppetti progettano attentati contro uomini politici e imprenditori. Intendono con ciò dare una svolta “rivoluzionaria” al paese, per chiarire ai proletari di cui pensano di essere la punta avanzata – e per ora inascoltata – l’impossibilità di conquistare condizioni migliori di vita senza lottare per prendere il potere, con la lotta armata e la militarizzazione dello scontro sociale. Vengono indicati come terroristi.
Uccidono per ora singoli individui, rappresentanti delle aziende e dello stato.
La risposta tarda a venire ma sarà fortissima. Inizia la Fiat con un sapiente uso dei mass media ( la classe dominante indirizza le reazioni dell’opinione pubblica - che ha visto le strade insanguinarsi per anni), contro i lavoratori più combattivi. Si decide a ottobre 1979 di rappresentare sui giornali e le TV la cacciata di 61 indesiderabili..
Accusati subito di essere fiancheggiatori in fabbrica del terrorismo, vengono additati genericamente di infedeltà ai principi dell’azienda: il pretore sentenzia che il licenziamento è nullo e allora la Fiat li licenzia di nuovo con delle motivazioni individuali. Nessuno rientrerà in fabbrica. Intanto si scatena il dibattito nel paese, il sindacato è diviso, il PCI complice nella individuazione dei “61”. Il tam tam mediatico dura mesi, intanto si sono progressivamente interrotte le azioni delle BR, che, isolate dalla campagna di massa sindacale e del PCI, presto saranno sconfitte sul campo dalla Digos e dai delatori e pentiti. Hanno forse raggiunto il loro scopo: il potere rivela la sua faccia dura e coinvolge ‘sinistra politica’ e sindacato. Nell’80 si arriva al licenziamento di massa (23mila lavoratori) a Torino nelle aziende Fiat , dopo un simbolico presidio ai cancelli di un mese fermato dalla reazione dei dirigenti con la reclamizzata “marcia dei capi”.

Comincia l’apocalisse operaia
[Collegai allora la campagna mediatica sui ‘61’ alla contemporanea ( a novembre 1979) presa in ostaggio di 52 americani in Iran dell'ambasciata a Teheran trattenuti 444 giorni , da parte del regime di Komeini, in una operazione di braccio di ferro con gli USA per chiedere la consegna dello Scià. http://www.linkiesta.it/quando-scoppio-la-guerra-tra-iran-e-stati-uniti]
Da quegli anni è passato un trentennio e l’azione di governi, finanzieri e banche, pur in guerra al loro interno, si fa concertata. Neoliberismo: esaltazione del libero mercato e riduzione del peso dello Stato nella vita economica; globalizzazione: degrado ambientale, aumento delle disparità sociali, perdita delle identità locali, riduzione della sovranità nazionale e dell'autonomia delle economie locali e diminuzione della privacy; dal 2008 pesante crisi finanziaria, originata negli Stati Uniti, poi diffusasi in tutto il mondo - manifestatasi come recessione, ha gradualmente assunto un carattere globale e perdurante ( cointeressando negli ultimi tempi anche la Cina o l'India) fino ai nostri giorni-. Tutto ciò ha finito per mettere a tappeto progressisti e sindacato. Arriva la possibilità del pensiero unico mentre in Italia il PCI è ormai diventato un partito di centro e di governo, dopo gli anni Ottanta di Craxi e il ventennio berlusconiano.
Non si è trattato di complotti ma di determinata gestione delle contraddizioni quotidiane, di prevenzione del conflitto, di divisione e sterilizzazione della classe. I milioni di posti di lavoro progressivamente perduti spesso sono stati vissuti e metabolizzati da milioni di persone in carne ed ossa come drammi privati e naturali. Le campagne continue sulla sicurezza o sugli sbarchi dei clandestini sono alcuni degli esempi di questo lavaggio del cervello di una società che invecchia, che si sente assediata – intanto ci troviamo il Jobs Act di Renzi e la disperata risposta di Landini… che minaccia l’occupazione delle fabbriche (forma di lotta sconfitta anche negli anni Venti del secolo scorso, quando gli operai difendevano le fabbriche con le armi).

Piero Baral - ottobre 2014
“Il fascismo nasce per coinvolgere la classe operaia, non per distruggerla; mai, nell'epoca fascista o tardo-imperialista, il potere borghese si è sognato di alienarsi il proletariato. Lo sterminio di quest'ultimo e la distruzione di capitale costante nelle guerre è un fatto, ma è un prodotto della storia che precede, non certo di un fattore scatenante connesso alla volontà della borghesia”.


1 commento:

  1. http://www.internazionale.it/articolo/2014/10/27/reparti-confino-in-italia-9
    Benché se ne parli poco, in Italia esistono ancora i reparti confino, proprio come nella Fiat degli anni cinquanta, quella di Vittorio Valletta. Sono i reparti in cui vengono relegati, spesso dopo essere stati demansionati, i dipendenti ritenuti “facinorosi”, “ingovernabili”, “ingestibili”. Hanno la forma di palazzine non ristrutturate, o di spogli magazzini, o di uffici fino ad allora disadorni e che tali rimangono.

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