mercoledì 29 gennaio 2014

TAVOLA ROTONDA (IM)POSSIBILE UNA SERA ALL'ANGOLO

La società “usa e getta” produce una montagna di rifiuti il cui costo di smaltimento per anni nessuno ha voluto calcolare. A oppressi e oppressori, a capitalisti e proletari andava bene mettere la testa sotto la sabbia e la sabbia sotto il tappeto.
Se non si possono togliere di mezzo con grandi buchi per terra, i rifiuti si possono bruciare con inceneritori detti meglio termovalorizzatori, i quali hanno il grave difetto di liberare nell'aria diossina e altre sostanze tossiche che avvelenano. Non possiamo fare a meno di respirarle. Se non le respiriamo, le mangiamo o le beviamo perchè finiscono nella terra e nelle acque dei fiumi e poi degli oceani dove continenti di plastica galleggiano al riparo dall'occhio impertinente delle telecamere. Altro che armi chimiche siriane che Obama vanta di distruggere portandole a Gioia Tauro, sibila Mario Vruna.
Per non morire avvelenati o plastificati, bisognerebbe eliminare i rifiuti. Ma per farlo bisognerebbe cambiare il lavoro, la produzione, le abitudini, i consumi, le comodità le giornate e persino la testa di qualche miliardo di persone. Dici poco.
Tutto quello che si spende o si spreca per produrre e consumare merci inutili o micidiali, potrebbe essere risparmiato e investito per bonificare il pianeta e per curare salute, lavoro, istruzione, vecchiaia. Missione impossibile, dice Armando Nicola, Svolta obbligata, dice Mario Vruna. Ma questa rivoluzione civile e sociale noi non la vedremo mai, resiste Nicola, a meno che un clamoroso e apocalittico crak ambientale non dia una memorabile lezione all'umanità, obbligando tutti a mettersi in riga con le buone o con le cattive.
Si affaccia, inesorabile, la solita tentazione di dire che stavamo meglio quando stavamo peggio. No, dice Armando, è vero che abbiamo portato il pianeta a danzare sull'orlo dell'abisso, ma in cambio viviamo più a lungo. Bill e Melinda Gates sono d'accordo con Armando. Il mondo va meglio. In Africa reddito pro capite e istruzione crescono. Gli africani vivono in media 57 anni e non 41 come nel 1960.
Eppure, protestano i due filantropi americani, secondo certi miti dannosi in circolazione, “salvare delle vite contribuisce soltanto a peggiorare culturalmente la situazione”. I coniugi miliardari sono un po' amareggiati. Forse anche loro hanno letto Nadia Biscola su FB, convinta che “non si fa il bene di nessuno 'ospitando' milioni di persone che non troveranno mai lavoro, e che in ogni caso faranno uscire dall'Italia valuta non imponibile. Mi piacerebbe organizzare uno scambio di pensieri sull'equa distribuzione delle risorse pubbliche e della ricchezza di un paese”.
Quella di Nadia Biscola è una buona idea. Sognare una rivoluzione impossibile o attendere la mazzata di un'apocalisse educativa? Tra i due estremi c'è un vasto repertorio di interventi e azioni possibili (sul terreno amministrativo, politico, legislativo, sindacale), che possono vederci fecondi protagonisti e consapevoli cittadini per limitare le produzioni nocive, combattere la plastica e gli imballaggi, risparmiare energia, distribuire più equamente la ricchezza, ridurre i rifiuti e differenziarne la raccolta. Quella rivoluzione gentile contro la fine del mondo si fa con il tempo, dal basso, con gli altri, ma a partire da sé.

Mario Dellacqua

P.S. Questo testo è la sintesi della serata del 21 gennaio all'angolo, più qualche spunto aggiuntivo liberamente rapinato da Fb e da “La Stampa” del 22 gennaio. Tutto per dire che è ora di rilanciare l'attività del Comitato “Energia, Ambiente e Territorio”.

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