lunedì 23 dicembre 2013

TROPPO TRICOLORE DAPPERTUTTO

Tra i soggetti che hanno partecipato alle agitazioni di piazza in questi giorni, molti non sono arroganti, non fanno il saluto fascista, non vogliono spaccare tutto, non sono bombaroli. Non sarebbe giusto attribuire a tutto un movimento esasperazioni ed estremismi che compaiono ogni qualvolta una diffusa sofferenza sociale alza la testa e si solleva oltre la subordinazione quotidiana.
Bisogna saper vedere, secondo me, e vedere significa distinguere, non generalizzare per far quadrare a tutti i costi le proprie convinzioni.
Chi protesta in questi giorni? “Si tratta – scrive Piero Baral – di commercianti, artigiani, agricoltori, trasportatori che hanno già visto negli ultimi anni erodersi i propri margini di guadagno e vedono ora messa a repentaglio addirittura la propria esistenza come categoria. Una piccola borghesia che è proprietaria dei mezzi di lavoro ma che è anche fortemente indebitata, e fatica duramente (aumentando i tempi di lavoro e diminuendo le tutele per sé e per i propri salariati); a volte "dipendente" di grandi imprese che subappaltano il lavoro sul territorio, come nel caso degli autotrasportatori. Un tessuto sociale di piccoli padroni o di padroni di se stessi, spesso evasori. Il popolo dei blocchi è costituito da ceti sostanzialmente popolari, nei costumi, nei modi di sentire, che non hanno molti canali per esprimersi fuori di quelli della protesta diretta a cui si aggiungono disoccupati e studenti”.
"Se facciamo conto che l’Italia sia come un’azienda, noi sappiamo che quando essa ha tanti debiti quanto sono il suo fatturato, allora essa – scriveva Pierre Carniti già nel 1992 - porta i libri in tribunale. Quindi teoricamente da tempo lo Stato avrebbe dovuto portare i libri in tribunale. ... Noi abbiamo vissuto con il PIL che abbiamo realizzato più i debiti che abbiamo accumulato. Far pagare la montagna di debiti significa far pagare le tasse alle categorie che non le hanno mai pagate. Queste naturalmente si sono indignate molto con le classi politiche di cui tolleravano le ruberie (..) Come, rubi e per di più mi fai pagare le tasse? Finché non me le facevi pagare, potevamo trovare un modus vivendi, ma se incominci a pretendere di farmele pagare, allora diciamo che questo ceto politico corrotto va cacciato via".
A None tutto è cominciato e finito il 9 dicembre. Si è mossa tutta gente per bene, tranquilla, civile. E' bastato un volantino scaricato da Internet. Poi, una raccolta di firme promossa dal presidente dell'Associazione commercianti nonesi ha prodotto la chiusura di tutti i negozi. Senza indugi, minacce o resistenze. E' comparso persino un presidio al Mercatò che convinceva senza incidenti i clienti ad andarsene. Si può capire il dente avvelenato con il grande centro commerciale. Ma non si può non notare l'infelice giacobinismo della procedura sperimentata: non uno straccio di assemblea che preparasse e spiegasse i motivi dell'agitazione, non un tentativo di interpellare gli altri lavoratori e di coinvolgere la cittadinanza.
Sull'altro fronte, altra gente tranquilla e civile. I perbenismi col tricolore del Sindaco alla fiaccolata nichelinese, nei manifesti del PD torinese, alle rotonde del pinerolese sono ridicoli. Per la bisogna, pure l'Anpi provinciale con i suoi striscioni e i suoi comunicati ha lanciato l'allarme per il “nemico alle porte”: illegalità, provocazioni, gruppi neofascisti, fondamentalisti cattolici in guerra con il Pontefice. Neanche due righe per affrontare il ribollire magmatico di motivazioni all'origine dell'indisciplinata protesta. Sembra di leggere i comunicati della Fiat e i cartelli dei cosiddetti “quarantamila” che nel 1980 chiedevano a Novelli di aprire i cancelli.
Ragazzi, pensate che i fascisti stiano a guardare e ad aspettare l'esito dei nostri comodi seminari da democrazia del tinello? E' stato arrestato un leader di Casa Pound, ma questa notizia liberatoria e "rivelatrice" del segreto di Pulcinella non annulla il doppio uppercut subito.
1) L'agitazione è interclassista e non diretta dai simboli e dai colori della classe operaia. La sinistra assente e in fuga, sgrida i lavoratori perché mancano alle messe cantate. Ma per partecipare alle liturgie bisogna essere credenti e molti operai hanno lasciato la chiesa da un pezzo, senza aspettare l'ite missa est.
2) L'agitazione è dichiaratamente apolitica, ma è guidata da una radicale richiesta politica: tutti a casa. Veramente pretendiamo di tenere nella nostra "normalità democratica" quattro milioni di giovani che non lavorano né studiano, senza offrire loro una credibile prospettiva di lotta abbinata a una politica capace di buoni esempi (che vanno dati e non chiesti)? E che cosa pretendere dagli altri milioni di lavoratori espulsi dal ciclo produttivo o in esso mai ammessi che sono stati brutalmente trasformati in “imprenditori di se stessi” dal lavoro precario, dalle assunzioni a termine, da una burocrazia famelica e pachidermica? Fuori dagli schemi della sinistra, la sinistra ha loro girato le spalle.
Più che qualunquisti di destra sono “debitori verso le istituzioni statali (Inps, fisco) o le banche. Solo 5/7 anni fa – scrive Giorgio Gardiol su “Riforma” - erano persone riverite. Poi è arrivata la stretta creditizia con i decreti ingiuntivi, i pignoramenti, i distacchi della luce. Poi ci sono gli ambulanti che nel giro di qualche mese si sono visto aumentare da due a quattro volte il costo del posteggio. Per non dire delle partite Iva che ogni mese fanno una fattura di 800 euro che consente loro di incassarne 500 netti. E' andata in scena la povertà. Una povertà non diversa da quella dei cassintegrati e dei licenziati. Speriamo che le povertà si parlino. Così forse si troveranno soluzioni”.
Sono contro la ricerca di capri espiatori quando viene “da destra” (zingari, parlamentari, extracomunitari). Figuriamoci come posso sopportare lo stesso esercizio quando viene proposto a sinistra con scorciatoie che allungano e con annesso bagaglio di autoinganni.

Mario Dellacqua

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