domenica 2 giugno 2013

Pane, bimbi ed embrioni

Corpus Domini, None, sabato 1 giugno 2013. Arrivo a messa con cinque minuti di ritardo.
La mia famiglia ha già preso posto, come spesso accade, nei banchi a destra dell’altare visto che mia moglie fa parte del coro parrocchiale. Vicino a loro si è sistemata un’altra famiglia con figli piccoli di cui il maggiore è compagno di asilo della più grande delle mie bimbe. Non si può negare che nel corso della celebrazione quella banda di quattro piccoli monelli, chi più chi meno, rumoreggi un poco ma niente di pazzesco, mi sembra.
Cerco di contribuire a mantenere sotto controllo la situazione e, tutto sommato, riesco meglio di altre volte a non perdermi la Liturgia della Parola: la prima lettura è incentrata sulla benedizione di Abramo da parte di Melchisedek, nella seconda Paolo ci ricorda l’istituzione dell’eucaristia nel corso dell’Ultima Cena, il vangelo ci parla della moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Gesù. Don Giancarlo nell’omelia sottolinea il valore della celebrazione eucaristica ma anche il rischio che l’abitudine prenda il sopravvento o che un atteggiamento sentimental-individualistico ne sterilizzi la dimensione prettamente comunitaria.

Dopo la Liturgia Eucaristica ecco la benedizione finale e gli avvisi. Per ultimo un appello a sottoscrivere una sorta di petizione per indurre la Commissione Europea a prendere posizione a “difesa dell’embrione” (“one of us”, uno di noi, viene definito), in quanto soggetto debole e persona umana fin dal momento del concepimento. Mi dico che è un’iniziativa alla quale di certo non aderirò pur ritenendo l’aborto un evento infausto. Non ho simpatia per i movimenti cosiddetti pro-life ed il loro atteggiamento ideologico su inizio- e fine-vita.
Da una parte fanno finta di dimenticare che il frutto del concepimento, fintanto che se ne sta nel ventre materno è “solo” un’ipotesi di persona la cui responsabilità risulta, in ultima analisi, completamente affidata a quella donna che nella migliore delle ipotesi vorrà farsene carico in quanto madre. E allora l’unica possibilità di aiutare quell’embrione non è forse sostenere e difendere colei che lo nutre e ne permette lo sviluppo, senza doppi pensieri, senza velate accuse di infanticidio e minacce di possibili ritorsioni? Diventeranno mai, i CAV (“Centri di Aiuto alla Vita”) sinceramente dei CAM (“Centri di Aiuto alla Maternità”)?
All’altro estremo (la vita morente) c’è la propensione ad una sacralizzazione del biologico che nulla ha a che spartire con l’atteggiamento apocalittico-cristologico che il cristiano dovrebbe assumere di fronte al fine vita a partire dalla sua fede nella risurrezione dei morti in quanto risurrezione della “carne”.
La celebrazione si chiude ed ecco che un giovane schivo, da cui non mi sarei mai aspettato una presa di posizione tanto netta, ci comunica tutto il suo disappunto per il rumoreggiare dei nostri bimbi, invitandoci caldamente a tenerli in futuro più buoni o, in subordine, a non condurli più a messa al fine di non disturbare i presenti. Taccio imbarazzato anche perchè preso assolutamente alla sprovvista. Non posso dargli tutti i torti eppure mi fa specie che sia un giovane e non una persona più avanti con gli anni a redarguirci per la prima volta (!) per il comportamento dei nostri piccoli durante la celebrazione eucaristica. Sarà che, non avendo figli, fatica a comprendere certe dinamiche e ad ammettere certi comportamenti infantili? O siamo noi genitori che non facciamo più caso ad un certo rumore di fondo, divenendo per certo versi poco rispettosi delle esigenze degli altri? O sarà che ha ragione don Giancarlo circa il persistere di un atteggiamento tradizionalmente un poco individualista che a volte ci porta a vedere negli altri fedeli più un potenziale elemento di disturbo e di ostacolo alla nostra piena fruizione liturgica e sacramentale, piuttosto che dei fratelli con i quali condividere l’ascolto della Parola, il Pane spezzato ed in ultima analisi la vita?

Roberto Cerchio

2 commenti:

  1. Mi auguro che molti membri della comunità cattolica trovino il modo di leggere questo intervento che apprezzo specie per la scelta del tono pacato. Quando si parla di principi non negoziabili si rischia di stroncare ogni dialogo, che dovrebbe partire invece dal riconoscimento della legittimità dell'altrui punto di vista. E sul principio e sulla fine della vita non è solo diviso il mondo dei cattolici dai non cattolici, ma sono divisi i credenti dai non credenti, i credenti e i non credenti tra di loro, la stessa comunità scientifica elabora risposte diverse a domande tanto inedite quanto inquietanti. Ciascuno di noi è una parte e non il tutto. Smettiamola di convocare Dio al servizio della nostra parte, per favore. Smettiamola di fare i bambini.
    Mario Dellacqua

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    1. Mi permetto di intervenire ... con molta discrezione.
      Apprezzo l'intervento di Roberto e ricordo con un po' di nostalgia le comunità di base degli anni '70, quando tra preti operai, bambini che riempivano i luoghi ecumenici di un chiasso felice, si sentiva il senso di una Chiesa viva e ormai, per quanto mi riguarda, molto lontana
      Gregorio

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