venerdì 8 marzo 2013

IL PORTAVOCE


«Lui», Grillo, in un'intervista a un'emittente americana, dice di essere «solo il portavoce», il «garante» che nel suo movimento non entra «chi ha già fatto politica». Non dovevo entrare nel movimento sindacale e nella Fim-Cisl. Non dovevo interessarmi di palestinesi, di contingenza nelle liquidazioni, di cassa integrazione a rotazione, di scala mobile, di Mezzogiorno, di lavori socialmente utili. Ultimamente persino di ambiente, di centrali a biomasse legnose o a biogas. Non dovevo partecipare alle lotte contrattuali, ai presidi in difesa dell'Indesit o ai 35 giorni della Fiat nell'Ottanta. Democrazia Proletaria, poi, un partito senza speranza e soprattutto senza soldi. Anzi, ne chiedeva. E, in un clima da convento laico, educava i suoi sparuti funzionari al tiro della cinghia e al salto del pasto e dello stipendio.

In 22 anni di festainrosso a None non avrei dovuto collaborare, con altri amici e compagni, alla raccolta di oltre 50mila euro distribuiti ad Amref, Croce Verde, Caritas, Medici senza Frontiere, Auser per comprare auto per disabili, o costruire pozzi in Kenia ed Eritrea, o adottare bambini a distanza, o organizzare microprestiti per lavoratori a rischio di licenziamento. Avrei dovuto rimanere buono in parrocchia o al massimo uscire per la bocciofila. Adesso il mio curriculum, con l'aggravante di essere alla luce del sole, mi condanna inesorabilmente a subire la giusta punizione stabilita dalle sentenze del novello moralizzatore.
Ho perso in questi 42 anni l'occasione della mia vita che si presenta adesso. Non ho avuto la pazienza di aspettare facendomi gli affari miei. E come me altre migliaia di sconfitti, di derisi, anzi di colpevolizzati per aver «fatto politica». Ora siamo preventivamente discriminati ed equiparati ai corrotti e agli affaristi che hanno succhiato il denaro pubblico con le loro clientele. Ora siamo «uguali, come tutti gli altri».
Comunque non voglio indossare i panni della vittima. Mi sono anche divertito e persino istruito. Ho fatto tutto liberamente, non sono per niente pentito. Stanco , non me ne vergogno, e sempre più esigente nel pretendere dagli ambienti politici e sindacali che frequento una robusta revisione di strategie e di comportamenti per non continuare a girare a vuoto. Questo .

Mario Dellacqua

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