domenica 24 febbraio 2013

COSA NON CI HA DETTO LA CAMPAGNA ELETTORALE


  • Nonostante i sacrifici il bilancio economico della “famiglia Italia” è passivo perché il debito è aumentato e sarebbe aumentato di più se lo zio Draghi con la sua BCE non avesse comprato 100 miliardi dei nostri BTP (la metà di quanto ha dovuto comprare per aiutare l’intera comunità europea).
  • Ci siamo impegnati non solo a pagare gli interessi del nostro debito ma anche a diminuire il suo ammontare di 50 miliardi all’anno per 20 anni..
  • Nei 10 anni successivi all’adesione all’euro, quando lo spread era quasi nullo, abbiamo continuato a fare le” cicale” anziché adeguare il nostro sistema socio/economico ai repentini cambiamenti in corso. I lavori di adeguamento della barca si fanno quando c’è la bonaccia, sono impossibili durante la tempesta.
  • Se nel mondo circola una ricchezza virtuale pari a dieci volte la ricchezza reale, è impensabile che le nostre banche, le nostre amministrazioni talvolta anche locali, le nostre imprese maggiori non siano caduti nella trappola di questa distruttiva catena di Sant’Antonio e a nulla serve nasconderla ai bilanci ufficiali.


Cosa ci ha detto la campagna elettorale:

  • Che siamo vittime dei nostri stessi sacrifici perché inibiscono la ripresa economica anziché ammettere che il problema è il modo come sono stati ripartiti e come sono state usate le somme che essi hanno prodotto.
  • Che stiamo tanto bene da permetterci il costo di oltre 180 miliardi (valore stimato delle varie promesse elettorali).


Cosa è realmente accaduto nello scenario politico nazionale:

  • Il centro/destra ha riesumato Berlusconi perché non trova chi ne possa raccogliere l’eredità. Per assurdo non trova proprio perché ha riesumato Berlusconi. Prova ne sia che la Lega accetta un’alleanza, al netto di una sua ricandidatura a premier, solo per tornaconto lombardo. Prova ne sia che Monti ha rifiutato l’offerta di essere il federatore di quell’area politica, a lui certamente più vicina, solo perché proveniva da Berlusconi. 
  • Nel paese dei Guelfi e Ghibellini, il “centro” è solo un concetto geometrico. E’ un’area di parcheggio per distinguersi, ma si finisce per non essere nè carne né pesce. Monti, che poteva essere leader del centro destra, aspetta di essere utile al centro sinistra.
  • Il centro/sinistra non ha avuto la determinazione di prendere in mano il paese, quando ne aveva oggettivamente la possibilità andando alle elezioni, prima che ci affidassimo alla “sede vacante” retta dai tecnici. La scelta di un periodo transitorio, ci dicono le cifre, è stata deleteria. Ma il centro/sinistra ha un vantaggio: si è manifestato il germe di un rinnovamento che invece stenta ad attecchire nella parte avversa causa “ tappo Berlusconi”. Renzi ne è l’espressione e saggiamente non ha sentito il bisogno di fondare un nuovo partito perché sa che la confusione attuale avvicina a grandi passi il suo “tempo delle mele”.
  • Grillo ha una funzione determinante in questo quadro politico. Non certo perché possa reggere le sorti del nostro paese e quindi sostituirsi alla vecchia politica, ma perché può essere l’elemento catalizzatore per accelerare quel cambiamento che stenta a manifestarsi. E’ il Pasquino dei nostri tempi, l’eroe popolare “ignorante” ma arguto che metteva alla berlina il potere scrivendo sui muri di Roma le nefandezze del potere. Ora in democrazia si può gridare in piazza o scrivere su internet  Se la seconda Repubblica è nata dopo “mani pulite”. la terza può nascere dopo Grillo.
  • Le estreme “radicali” lottano per esistere sia a destra che a sinistra. Esprimono un pensiero nel male e nel bene storico ma purtroppo o per fortuna ormai anacronistico. Prova ne sia che, soggiogati dal bombardamento dei sondaggi, si pensa al voto utile usando il bilancino della differenziazione tra Camera e Senato.
  • Ci può confortare un pensiero: se dovremo tra breve, come è pur possibile, ritornare a votare, certamente non avremo le esitazioni di questa tornata elettorale.

Mario Ruggieri

2 commenti:

  1. CHE FARE DOPO
    Se va male, il rompete le righe diventa obbligatorio e ogni indicazione sul che fare perde di legittimità. Se va bene, se cioè rivoluzione civile conquista una sua rappresentanza, lo scioglimento creativo dei partiti preesistenti può essere la base per il rilancio di una sinistra unitaria e plurale, libera dai soliti calcoletti egemonici della minchia. Nell'intento di incoraggiare questo sbocco, non rinnoverò la mia iscrizione a rifondazione comunista. L'imperativo di non mollare sembra una risposta intransigente alla domanda di coerenza, ma è in realtà un modo per sfuggire al dovere evidente di una rottura delle continuità e di un ripensamento profondo, non accessorio.

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  2. Visti i risultati, sento il dovere di stare zitto. Arrivederci tardi.

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