domenica 2 dicembre 2012

STRAORDINARI ALLA CARITAS DI TORINO


Si è più che triplicata dal 2008 la quantità di persone senza casa, senza cibo, senza lavoro, che chiedono aiuto alla Caritas. Dal 2010 ad oggi l’ incremento dei contatti col centro di ascolto Caritas è stato del 100%.
Così esordisce Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana di Torino di fronte alla commissione servizi sociali, presieduta da Lucia Centillo, e all’assessore Elide Tisi, riunita per fare il punto sulle nuove povertà a Torino. Oramai la fascia dei richiedenti aiuto è molto più ampia che in passato e include i venticinquenni. Anche le categorie sociali sono nuove, ha spiegato Dovis: si tratta sempre più spesso di laureati, giornalisti, artigiani, commercianti, ex dipendenti pubblici, “esodati”, che si aggiungono alle categorie classiche della povertà.
L’aumento delle richieste, ha puntualizzato Dovis, non è dovuto solo alla crescita della povertà, ma all’aumento delle barriere per accedere ad altri servizi pubblici o privati che filtrano più che in passato la mole delle richieste di aiuto. E' forte soprattutto l’aumento dei senza fissa dimora di nuova estrazione: persone con alle spalle una vita normale spezzata dalla perdita del lavoro e, con esso, della casa, a volte della famiglia.
Si aggrava anche la situazione degli sfratti: sono sempre più numerose la morosità incolpevoli ed a gennaio, a Torino, potrebbero arrivare 1500 sfratti di famiglie nelle case di edilizia residenziale pubblica.

Preoccupazione anche per le molte famiglie che hanno un mutuo prima casa congelato, per l’impossibilità di sostenere le scadenze di pagamento, e che temono di dover pagare comunque l’Imu con aliquota piena.
A questa massa di persone potrebbero presto aggiungersi i numerosi profughi libici giunti in Piemonte a metà del 2011. I fondi governativi termineranno il prossimo 31 dicembre. Da quella data, qualunque sia lo status giuridico riconosciuto a queste persone, esse non avranno più protezioni di alcun genere e “la situazione potrebbe diventare esplosiva”.
Sempre più numerosi anche i padri separati, e i lavoratori che hanno usufruito di ammortizzatori sociali, compresi i circuiti di formazione professionale e riqualificazione che, ha detto Dovis, molti giudicano “parcheggi” senza veri sbocchi lavorativi. A questo proposito Dovis ravvede una mancanza di autoimprenditorialità da parte dei molti che chiedono lavoro.
Nel fenomeno disoccupazione cresce più velocemente quella degli immigrati: 4% in più rispetto a quella degli italiani.
Il dato della crescente richiesta di cibo è uno di quelli che colpiscono maggiormente: sono ormai 45.000 le famiglie dell’area metropolitana che sono sostenute dal Banco alimentare.
Dovis lancia l’allarme anche in relazione ad alcune classiche categorie di persone in difficoltà: sarebbero sempre di meno i minori inseriti in comunità alloggio “a volte anche quando vivono in casa situazioni di maltrattamento o violenza”, mentre gli anziani non vengono inseriti in case di riposo, pubbliche, accreditate o private, dove ormai abbondano i posti letto vuoti, per mancanza di risorse finanziarie degli enti pubblici e delle famiglie.
Tra le categorie professionali più vulnerabili gli operatori sociali: sono numerosi quelli che hanno perso il lavoro o rischiano di perderlo. La crisi scava nel tessuto sociale in profondità e colpisce ormai proprio quelle categorie che dovrebbero proteggere i cittadini più colpiti dalla crisi assimilandoli ad essi.
Numerosi sono gli indicatori del disagio anche quando non è ancora conclamato, ha spiegato Dovis: cresce il consumo dei cibi più economici come le ali di pollo e la trippa, cresce il numero di quelli che installano in casa stufe a legna non potendo pagare il riscaldamento. Dai dentisti arriva la segnalazione di bambini bisognosi di cure mai fatte per mancanza di denaro e di cure dentarie interrotte. Sono sempre più numerosi quelli che si rivolgono alle associazioni di dentisti volontari e alle Asl, “ma i tempi sono biblici” .
A conclusione dell’incontro Tisi, prendendo spunto da una sollecitazione fatta pervenire dal consigliere Marrone, ha chiarito che le notizie di stampa sulla sospensione dell’assistenza domiciliare agli anziani (sono 10.000 circa gli assistiti), in realtà non riguardano né gli assegni di cura, né le varie tipologie di affidi, regolarmente erogati. Solo una quota pari a non più del 10% dei buoni di servizio, che assorbono circa 17 milioni di euro (tra spesa sanitaria e spesa sociale a carico del Comune), ha detto, registrano un arretrato di pagamento che ha mobilitato le denunce delle agenzie convenzionate che gestiscono il personale per l’assistenza domiciliare. “Per metà di questa cifra il Comune entro poche settimane potrà provvedere, mentre per la parte sanitaria stiamo sollecitando con urgenza incontri con i vertici della sanità regionale”.
(Da una consultazione del sito del Comune di Torino curata da Carla Benotti)

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