mercoledì 28 novembre 2012

LA POVERTA' HA MILLE VOLTI E MILIONI DI MASCHERE


Due o tre riflessioni sparse, ma con molte pretese, dopo la serata del 19 novembre all'angolo sui poveri in Comune (o in comune) con Cristina Pukly e Attilio Beltramino. La prima: i consorzi tra i Comuni come il Cisa sembrano ad uno sguardo superficiale carrozzoni burocratici improduttivi e parassitari. Invece, i dati presentati da Giovanni Garabello dimostrano che è sempre conveniente mettere in comune le risorse accettando la fatica di discuterne e di deciderne l'uso con gli altri Comuni. L'unione fa sempre la forza e la battaglia contro le povertà non si vince separati ma alleati. Come tutte le altre battaglie contro la crisi economica di questi tempi, del resto.
La seconda: i soldi per assistere bambini, disabili, famiglie sfasciate, anziani soli e disoccupati sono sempre meno. Per invertire la tendenza bisogna aumentare la quota procapite versata da ogni Comune. Non si scappa. Oppure, se non si vogliono aumentare le tasse locali, bisogna scatenare una guerriglia politica e sociale contro le norme restrittive dei governi di destra, sinistra, centro e tecnici. No perditempo, no approvazione di innocui ordini del giorno di lamentosa e impotente protesta che sono quella cosa con la quale e senza la quale tutto rimane tale e quale.

La terza: l'arcipelago del volontariato dovrebbe coordinare l'uso delle sue energie, raccogliere i soldi e il tempo disponibile alla solidarietà e operare non perchè i poveri siano assistiti, ma possibilmente perchè siano facilitati ad aiutarsi da soli e tutti insieme nella loro doverosa ribellione contro i governanti che rubano o bruciano i milioni e contro le banche, le multinazionali, le finanziarie che rubano o bruciano i miliardi. Le Caritas dovrebbero partecipare alle lotte dei sindacati europei. Dal canto loro, i lavoratori, specie quelli del pubblico impiego, invece di fare scioperi che non danneggiano la controparte ma colpiscono l'utenza della scuola, dell'ospedale e della ferrovia, dovrebbero versare il denaro risparmiato alla Caritas (o ad associazioni similari) se non sono capaci di gestire un loro fondo di solidarietà. Le manifestazioni si potrebbero fare il sabato e i lavoratori del pubblico impiego in questo modo recupererebbero, alla lunga, una popolarità di cui non hanno mai goduto. Anche le loro rivendicazioni sarebbero più credibili. In altre parole: le Caritas e il movimento sindacale dovrebbero cambiare ciascuno un po' a casa sua. Le Caritas si dovrebbero sporcare le mani con le lotte sociali e i sindacati dovrebbero praticare solidarietà e chiederla un po' meno agli altri. Come risultato si darebbero la mano e si troverebbero alleati e più efficaci nella loro azione convergente.
La quarta: la povertà non è solo il risultato di licenziamenti, sfratti o separazioni, ma anche della difficoltà di capire la differenza fra necessario e superfluo.

Mario Dellacqua

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