lunedì 16 luglio 2012

Il diritto e il dovere di dissentire




E’ VERO che i Centri per l’impiego (ex Collocamento) attivati da anni dalla Provincia di Torino favoriscono l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, offrono servizi di informazione, di preselezione, di collocamento mirato. Anche il Ministro del Lavoro li ha indicati come una esperienza positiva da seguire.

E’ VERO che l’Amministrazione di None ha pensato di scavalcarli decidendo un percorso e criteri diversi, che noi non abbiamo condiviso. Ci siamo anche insospettiti e allarmati.


Sindaco e Giunta scrivono di non aver promesso posti di lavoro, ma rivendicano di aver raccomandato all'impresa l'assunzione dei nonesi. Si danno la zappa sui piedi. La raccomandazione di gruppo può servire per ottenere consensia None, ma è socialmente ingiusta. E' anche politicamente pericolosa: altri Comuni potrebbero sentirsi autorizzati a seguire l'esempio e a penalizzare i nonesi quando proveranno a cercare lavoro fuori None. Di questo passo, sisprofonda in una lotta distruttiva di tutti contro tutti. La stessa conclamata solidarietà ai lavoratori Indesit diventa finta se introduce competizioni fra i lavoratori sulla base della residenza. In tempi di crisi, i primi da tutelare sono proprio gli ultimi, cioè quelli con carico famigliare più pesante. Dovunque abitino. Fuori da questo principio c'è il “si salvi chi può”... trovare qualche Santo in paradiso. Poi si prova molto più in basso, ma con il cappello in mano. E' a questa deriva che dobbiamo ribellarci.

Pertanto, abbiamo il dovere e non solo il diritto di dissentire senza per questo dover andare a dirlo in Tribunale. Favorire l’assunzione di uno di None anziché di uno di Airasca non è un reato. E' un fatto che riguarda il modo di farepolitica ed il voto. Il nostro è un dissenso politico molto serio su obiettivi e criteri che regolano il mercato del lavoro. Forse questo è stato compreso dai nostri interlocutori e per ora la querela, dopo essere stata annunciata, non èarrivata!

2 commenti:

  1. La vicenda Mercatò è stata il detonatore di un ampio e aspro dibattito. Su face book sono volati insulti (squallidi, qualunquisti, vigliaccheria, infami che sparlano e idioti che abboccano) e sono state evocate madonne immacolate e ausiliatrici. Stefano Rizzo ha scritto di temere che sia inutile “chiedere ancora una volta in quale occasione il Sindaco abbia detto quelle frasi (riportate nel manifesto del 2012) e a chi abbia promesso posti di lavoro”. Una sfida a fare nomi e cognomi. Dopo la pubblicazione del manifesto rifondarolo, sono aumentate le segnalazioni di disoccupati che raccontavano episodi al riguardo, chiedendo di non essere menzionati. Succede quando sono messi in atto criteri e meccanismi di raccomandazione di un’area delimitata geografica (nel caso il nostro Comune) dai quali, spesso, s’innesca una sorta di catena di Sant’Antonio….

    Forse da questa vicenda i ceti popolari di None, e spero anche molti amministratori, si convinceranno che molte polemiche si sarebbero evitate se il Comune avesse deciso di avvalersi delle procedure dei Centri dell’impiego (organismi pubblici) per favorire la selezione finale da parte dell’Azienda. Perché non è stata seguita questa strada? E’ più importante riflettere su questo prima di intimare “fuori i nomi”.
    Non c'è bisogno di mettere nelle grane il mio amico disoccupato: il Sindaco ha dichiarato in un'intervista del 23 maggio all'Eco del Chisone: «I dipendenti del supermercato saranno esclusivamente nonesi, fatta eccezione per alcune figure professionali». E queste non sarebbero promesse? E sarebbero possibili senza aver deciso di stare alla larga dal Centro per l'Impiego? Non è chiaro come un Sindaco possa parlare di assunzioni che privilegiano “esclusivamente i nonesi” con tanta sicurezza, come se le sue prerogative e quelle dell'imprenditore coincidessero o fossero intercambiabili.
    Stavolta è andata così, ma la prossima volta sarà meglio che i politici interpellino il Centro per l’Impiego prima di affrontare i problemi del mercato del lavoro e delle assunzioni in questa o quella azienda.

    Mario Dellacqua

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  2. L’Italia è nota come il mondo variegato delle raccomandazione e “della buona parola” che non perseguirebbero secondi fini. Così non è: raramente sono azioni di solidarietà verso il bisognoso. Ma chi accetta di essere raccomandato spera nel buon esito, pertanto nell’attesa non è disponibile a rendere pubblica la raccomandazione avuta…
    Adriano Serafino

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