sabato 9 giugno 2012

NONNO, VUOI GIOCARE CON ME?


La mia nipotina mi guarda con occhi supplichevoli. Mi invita a giocare a pallone. Non ho tanta voglia, mi sento stanco. Rivedo con la mente questo episodio mentre stiamo discutendo. Abbiamo incominciato la conversazione sui rapporti con i nostri figli e i nostri nipoti quando uno del gruppo aveva esternato la sua difficoltà a giocare con i propri bimbi, mentre suo cognato ci riusciva molto bene. Quasi tutti abbiamo dei ricordi più o meno piacevoli o rimossi. Rivedo tutta la sequenza partendo da mio nonno materno, con mio padre, io con mia figlia e poi con la mia nipotina: in cinque generazioni cosa è cambiato? Mio nonno, se ricordo bene, giocava spesso con me a carte, quando ero bambino, e mi raccontava favole della tradizione locale.
Non ricordo di aver giocato con mio padre, ma in compenso mi portava con sé, sul lavoro, durante le vacanze scolastiche. Per quanto mi sforzi di ricordare, non mi sembra di aver giocato molto con mia figlia e, anni dopo, con la mia nipotina. Pensavo che fosse più importante, per loro, giocare con coetanee e che giocare con gli adulti lo fosse meno. Mi limitavo spesso a portarle al parco giochi, le aiutavo quando le vedevo in difficoltà, mi faceva piacere vederle giocare con altre e, adesso che ci penso, era quasi un atteggiamento comune a quasi tutti i nonni e ai genitori ai parchi; forse a casa si coinvolgevano di più.
I bimbi sono molto sensibili, la nostra indisponibilità alle loro richieste fa pensare che loro non sono importanti per noi. Il gioco dovrebbe essere considerato l’attività più seria dell’infanzia, un’attività godibile in se stessa, immediata, diretta. I genitori sono felici, quando vedono i figli intenti a giocare, ma lo sono altrettanto quando si mettono a giocare con loro? Il bimbo capisce che il suo gioco è gradito al genitore perché lo lascia libero di sbrigare le sue faccende senza sentirsi in colpa se non si occupa del figlio. Il bimbo impara così che quello che conta per i suoi genitori non è il gioco che fa, quanto il fatto di non essere loro d’impiccio. Siamo selettivi verso i loro giochi, prendiamo seriamente solo alcuni aspetti e ci coinvolgiamo solo se interessa a noi. Probabilmente, prima, i rapporti tra le generazioni erano più facili sotto molti aspetti e più ricchi di significato e di intimo piacere, in cui adulti e bambini giocavano agli stessi giochi, anche se il loro significato non era esattamente lo stesso per entrambi. Probabilmente c’era una reale e intima partecipazione alle attività ludiche dei figli. Oggi sono relativamente pochi i giochi che divertono allo stesso modo adulti e bambini. Prima si giocava insieme a mosca cieca, nascondino, a carte, e adesso? Dobbiamo mettere in discussione il nostro atteggiamento verso le attività dei nostri figli, soprattutto nel giudicarle stupide, impedirle o punirle.

Mauro Sorrentino (Uomini in Cammino)

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