martedì 26 giugno 2012

Caro Mario


Ubaldo Smeriglio

scrivo questa mia perché ho seguito con molta attenzione la polemica tua e di Maria Luigia a proposito delle assunzioni del “Mercatò”. Ti dico subito che proveniamo da due mondi lontanissimi. Tu piemontese ed io inguaribilmente siciliano e – come dici tu – appesantito da una posa spagnoleggiante che ti ha infastidito spesso rispetto a certe mie prese di posizione nel tempo in cui ho deciso di collaborare con il “Mondo”. Nemo profeta in patria, direbbe un certo tipo che ha il mio stesso vizio di essere siciliano ma una cosa ti va riconosciuta: hai avuto il coraggio rispetto a certi quacquaracqua di sciasciana memoria (mi sia concesso il neologismo) di denunciare pubblicamente il tuo avversario e di avere per la prima volta spezzato con una sana e autorevole presa di posizione da uomo libero il clima soffocante di un paese in cui la forma diventa sostanza. Il tuo paese – carissimo Mario – è una palude in cui non sai mai chi è il tuo nemico.
So bene chi è Lili Marlen e qual è il brodo culturale da cui proviene. So perché ti hanno sputtanato in maniera volgare e qual è la logica perfida in cui ti vogliono coinvolgere.
Mio nonno che ha fatto la grande guerra sosteneva che l’Italia, quella vera, è nata nel sangue e nel fango delle trincee perché in quel sangue e in quel fango tutti da Aosta sino a Marsala erano italiani senza distinzione di censo rispetto alla morte che incombeva. Per questa ragione ho deciso di scriverti, perché sono certo che in quelle trincee avrei sicuramente trovato un piemontese di buona volontà come Mario Dellacqua.
Tanto ti dovevo con affetto ed amicizia




Ubaldo Smeriglio 24esimo barone di Tagliavia e Camastra.

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