mercoledì 8 febbraio 2012

la rosa bianca fa ancora discutere: scorciatoie che allungano

Mentre non mi sono ancora del tutto ripreso dall'incontro con Sophie Scholl e la sua “Rosa Bianca”, Alberto Burgio mi ha ricordato su “Il Manifesto” del 19 gennaio che, per Thomas Mann, “l'anima tedesca” capace di guidare con il nazismo la Germania al tentativo più audace e crudele di ridurre il mondo in schiavitù, è nutrita da più componenti. E' “un misto di presunzione e provincialismo”. Nasce dai “paradossi di un'idea aggressiva della libertà fondata sul servilismo verso l'autorità costituita”. Convive con “il disprezzo della politica”. Combina “esaltazione della vitalità” e “morbosa attrazione verso la malattia e la morte”. Mann parla dei tedeschi o degli italiani? In fondo, per 11 anni gli italiani sono stati ammirati maestri in attesa di essere superati dall'allievo d'oltralpe.

Ma le generalizzazioni hanno poco di scientifico. Forte è il rischio di trasformarle “in un ingrediente della grande e sciagurata narrazione razzista”.
Un ubriaco che travolge un bambino con la sua auto è albanese? Tutti gli albanesi sono ubriachi e omicidi. Un marocchino è condannato per stupro? Tutti i marocchini sono violenti. Un prete è pedofilo? Tutta la Chiesa cattolica è guidata da pervertiti. Un deputato ruba? Tutti i politici sono ladri e il parlamento va rottamato. Un medico sbaglia la diagnosi? Siamo nelle mani della malasanità. Un professore perde le staffe con tuo figlio? Quella maniga di parassiti vive imboscata in un assumificio. Un magistrato trucca i processi? Tutta la giustizia è corrotta. Se la generalizzazione ti sembra esagerata, trovi chi ti dice, con l'aria di mostrarsi generoso: non tutti, ma la maggioranza, perchè chi si salvava è stato liquidato o emarginato.
L'ultimo disinvolto esempio di generalizzazione usata come scorciatoia spietata per spiegare con metodi spicci (“concreti”) i problemi più intricati, è il naufragio della Concordia: l'immagine del comandante che abbandona la nave e i passeggeri sarebbe una stringente metafora non solo di una nazione alla deriva, ma di un intero popolo degradato dalla codardia imperante.
Poi arrivano le smentite. C'è la Rosa Bianca che impedisce di attribuire a tutti i tedeschi la responsabilità del nazismo. C'è l'extracomunitario che salva il bambino dall'annegamento. C'è il prete o il magistrato che sfida la mafia al costo della vita. C'è il parlamentare che versa l'indennità al volontariato per il recupero dei tossicodipendenti o l'inserimento lavorativo dei disabili. E via eccettuando con medici e insegnanti.
Senza semplificazione arbitraria, come fai a risparmiarti la fatica anche solo teorica di affrontare il complesso, il difficile, il diverso? La scorciatoia della violenza che abbatte con l'accetta e rifiuta di torcere il filo dell'analisi è il miracoloso placebo che cercavi per medicare le tue debolezze, fragilità o pigrizie. O per nasconderle e non riconoscerle di fronte alla tua coscienza.
Ciò vuol dire che evaporano le responsabilità collettive, le classi, i regimi, le ideologie dominanti? Significa che sono scomparse le particolarità nazionali e i “tratti culturali che, costituitisi e sedimentatisi sullo sfondo di determinati quadri storici” hanno contribuito “a dar forma ai comportamenti che individui e gruppi hanno assunto al cospetto di situazioni storiche determinate”? No, semplicemente, in questa luce risulta chiaro che anche la gobettiana spiegazione del fascismo come autobiografia della nazione è un'attrezzatura da usare con cautela, specie se la si vuol convocare al servizio di una lettura intransigente (o consolatoria?) dell'inconclusa stagione berlusconiana.
La violenza o l'ignoranza nella nostra società non sono diffuse per colpa della televisione che trasmette cartoni animati giapponesi, defilippi, vespe e grandi fratelli. La TV ci sommerge anche con modelli “positivi” di preti confidenti dei carabinieri (siamo al decimo don matteo), di padri pii nella versione dei castellitto e dei placido che uno non bastava, di suore rockkettare e simpatiche, di papi che lavorano in fabbrica.
La sinistra non perde perchè le manca un leader. Non perde perchè chi vota a destra sarebbe o è rimbambito (dai mass media). Queste scorciatoie di grande popolarità allungano e tolgono tempo alla costruzione di un pensiero e di un'azione convincente e competitiva.

Mario Dellacqua



3 commenti:

  1. "Ho sempre creduto che l'istante della morte sia la norma e lo scopo della vita. Pensavo che, per coloro che vivono come si conviene, sia l'istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo penetra nell'anima la verità pura, nuda, certa, eterna. Posso dire di non aver desiderato per me altro bene". Si può essere più inquietanti di questa Simone Weil? L'attrazione per la morte colpisce anche gli spiriti mistici, quelli che, come Simone Weil, hanno concepito la scelta del lavoro in fabbrica come esperienza interiore che, grazie alla sofferenza, permette di arrivare alla dignità umana immergendosi nella condivisione della schiavitù e della malnutrizione.
    Il sacrificio può essere necessario fino al martirio (se ci riesci), ma cercarlo come segno di estrema autenticità del proprio impegno, no. Noi siamo per la vita e per ricominciarla, fino all'ultimo.
    Letture eclettiche causa malattia. mario

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  2. Mario, parlando di Thomas Mann mi inviti a nozze! Immagino (purtroppo non ho letto l’articolo e non ho sottomano il giornale) che Burgio si riferisca al discorso “La Germania e i tedeschi”, tenuto dallo scrittore alla Library of Congress di Washington nel maggio del 1945, subito dopo la fine della guerra. Il problema dell’anima tedesca per lui è molto più bruciante di quanto possa sembrare, su tanti livelli. Soprattutto dopo il dodicennio nazista, Mann sente di incarnare la parte migliore della Germania. C’è un doppio livello nella critica di Mann al nazismo. Da un lato lo scrittore è letteralmente offeso (come un bambino che fa il broncio...) perché la sua Germania non ha fatto di tutto per tenerlo con sé e lo ha, di fatto, esiliato; dall’altro Mann è spaventato dal fatto che la cultura nazista affondi le sue radici nello stesso terreno dove affonda la sua: il romanticismo, Nietzsche con la sua travisata Volontà di potenza, Wagner e l’orgoglio per le prische virtù germaniche. Le componenti cui accenni tu fanno esplicitamente parte del mondo interiore manniano, e lui lo sa bene: il «misto di presunzione e provincialismo», l’«idea aggressiva di libertà fondata sul servilismo verso l'autorità costituita» (proprio Mann ha coniato, a proposito di Wagner e con una forte intenzione positiva, l’espressione «interiorità protetta dal potere»), il «disprezzo della politica» che trasuda dal suo saggio Considerazioni di un impolitico del 1919, così come la «morbosa attrazione verso la malattia e la morte» che sta al centro di un bel pezzo della sua produzione letteraria, almeno fino alla Montagna magica inclusa (1924). Accennando a questi come elementi essenziali dell’anima tedesca, Mann in realtà si chiede come abbiano potuto avere esiti così diversi: umanistici e “progressisti” (ci sarebbero molti distinguo da fare, ma diciamo pure “progressisti”) nel suo caso, tutto il contrario per i nazisti – che scherniscono persino i concetti di dignità umana e di spirito, mettendo al centro, invece, il primato della razza, dello Stato e della nazione. Il primato del capo.

    Ora, tutta questa manfrina per dire che cosa? Che alcune generalizzazioni servono – perlomeno per discostarsene. Parli del naufragio della Concordia: certo è una metafora fin troppo facile della situazione italiana; però la codardia del suo capitano, il suo fuggire la responsabilità, sono uno stimolo – a fare il contrario, "in generale".

    Massimo Bonifazio

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  3. Mai come in questi giorni suona inquietante l'incubo che Thomas Mann agitò in una Conferenza nel 1953 agli studenti dell'Università di Amburgo, spingendoli a lottare «non per un'Europa tedesca, ma per una Germania europea». L'incubo fu ripetutamente ripreso ai tempi della riunificazione tedesca e fino a qualche giorno fa l'Europa tedesca sembrava ben disegnata dalla cancelliera Angela Merkel, indiscussa protagonista di tutti i summit europei.
    di Guido Rossi - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/CwwXj

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