domenica 1 gennaio 2012

Africa o noi? PRESERVATIVO, AMORE E POVERTA'


Finalmente qualche preservativo sulle pagine di “Famiglia cristiana” del 30 ottobre 2011. Serenella, mamma e catechista, disapprova la scuola che offre alla figlia quindicenne non un'educazione sessuale, ma una preparazione a rapporti sessuali completi “con chiunque capiti, in maniera protetta”. Serenella depreca che la scuola parli della pillola del giorno dopo e la faccia passare come anticoncezionale e non come “un rimedio abortivo”. Il preservativo, poi, “dato per sicuro al cento per cento” per prevenire l'Aids o gravidanze indesiderate, avrebbe il torto di non dire “nulla su alcuni rischi come la scadenza”. Il grado di sicurezza si ridurrebbe con il rischio che “possa essere rotto o rompersi”. Il direttore don Antonio Sciortino concorda.
Se Benedetto XVI ha scritto che “concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità”, fedele alla linea Sciortino mette in guardia da un'educazione sessuale “banalizzata e distorta”, troppo pronta a dare “per sicuri i contraccettivi che, invece, non lo sono al 100%”. La critica del profilattico sul piano della sua presupposta incerta efficacia pratica, ne lascia però in ombra la condanna sul piano della legittimità morale. Molto timide sono state le aperture di Papa Ratzinger quando ha detto: “Vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione dell’Hiv”. 
Dunque, il Papa non molla. Ci eravamo illusi. E' noto infatti che per la Chiesa cattolica l'unica sicurezza è la castità nei decenni, vista l'ammissione dei rapporti sessuali solo quando aperti alla procreazione nell'ambito del matrimonio.  Ma questo don Sciortino non lo ripete, mentre ribadisce che “l'eros (attrattivo) è una componente importante, ma va integrata nella logica dell'amore (agape) che non riduce tutto a semplice passione”. 
Il medesimo principio è largamente condiviso in ambienti dove, invece, i preservativi sono premessi, promossi e promessi ad ogni occasione. E' il caso dei gruppi AMREF, l'associazione che scommette sugli africani per il riscatto dell'Africa e fa scrivere con candore provocatorio sulle sue magliette che “il futuro dell'Africa è nero”. Lo scrittore e regista piemontese Marco Baliani ha scoperto l'incomoda libertà di fiondarsi tra i ragazzi degli slum di Nairobi per tentare con loro un'esperienza di animazione teatrale a cavallo fra istruzione, miseria e emancipazione, fame, baracche di latta e fogne a cielo aperto. 
In “L'amore buono” edito da Rizzoli, Baliani racconta un percorso commovente e entusiasmante, avviato per favorire la diffusione giovanile del profilattico nell'intento di combattere il flagello dell'AIDS. Ben presto, però, quello che poteva rimanere un singolare e spericolato cimento di arte popolare, diventa una straordinaria avventura di autoeducazione collettiva:  l'europeo cede felicemente il suo iniziale ruolo di docente e si lascia smottare nella parte del discente che impara a decifrare e a denunciare la violenza del linguaggio e dei comportamenti maschili. “Tu mi tratti come spazzatura...Giri qui dentro di me...Hai battuto la mia pentola senza pietà e in un paio d'ore sono già diventata una cosa da buttare”. 
E' la “dura grazia” di una giovane donna a sovvertire le gerarchie e a guidare la sgangherata comunità degli artisti di strada a comprendere che “l'amore buono” non è solo quello protetto. Non è quello “consumato in fretta e furia...un amore rubato che sa di stupro, di ratto repentino”. L'amore buono sa “far crescere un sentimento e nutrirlo...per coltivare la propria anima e quella della persona amata...la propria umanità”. L'amore buono è “rendersi sensibili alla bellezza, ai sentimenti, all'amore”. Al termine del suo percorso, Baliani non sa se i nostri adolescenti esprimerebbero un “livello di coscienza più alto”. Non sa se sarebbero più informati. “Tanto più educati al sentire no di certo...Nel nostro Occidente chi educa più al sentimento? Che luoghi esistono per poterne parlare davvero? Restano lo squallore televisivo dei talk show, la quotidianità vuota dei reality”. Molto più istruttiva quella baracca di Nairobi “incastrata nel labirinto di viuzze maleodoranti dello slum”, dove una scritta stinta dice che “quando la povertà entra dalla porta, l'amore esce dalla finestra”.
Mario Dellacqua
M. BALIANI, L'amore buono, Rizzoli 2006, euro 14,50.

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