venerdì 28 ottobre 2011

jamin-a in concerto: un 4 novembre all'insegna della pace


Per info e prenotazioni: 3290037909 dalle ore 18 alle 20

un kioto da piantare sui muri di none

Mercoledì 26 ottobre all'angolo si sono incontrati Nadia Biscola, Giuliano Carletti,
Giuseppe Corsini, Mario Dellacqua, Rito Di Mario, Giovanni Garabello, Pasquale
Mataluni, Passito del persistente assente Mario Scaglia, Mario Ruggieri, Nunzio
Sorrentino, Mario Vruna.
Dove sulla centrale non c'erano novità da aggiungere e dunque non si è aggiunto
nulla. Dove incredibile, ma ce l'abbiamo fatta a parlare d'altro quasi sempre uno per
volta.
Dove Mario Ruggieri ha raccontato di una Conferenza provinciale sul patto
dei Sindaci alla quale ha partecipato (era presente solo Nadia Biscola tra gli
amministratori del Comune di None). Dove sembra normale affermare che se in
tema di energia, ambiente e territorio la Provincia attua iniziative utili, il Comitato è interessato a sostenerle, sia promuovendo comportamenti individuali e collettivi espressione di una cittadinanza consapevole, sia sollecitando l'amministrazione comunale ad adottare le deliberazioni necessarie con le armi della pressione democratica.
Dove si è appreso che il patto dei sindaci è un'iniziativa europea che vuole
raggiungere gli obiettivi di Kyoto: 20% in più di energie rinnovabili; 20% in meno
di consumo di energia; 20% in meno di emissioni di CO2. L'unione europea lascia
stare i governi e gli Stati. Piuttosto, conta di attivare i Comuni e per coordinarne
l'opera la Provincia offre i suoi supporti organizzativi, i suoi tecnici, il suo tutoraggio e l'assistenza dei suoi uffici. I Comuni dovrebbero approvare una delibera di adesione e entro un anno piani di riduzione dello spreco del consumo di energia e delle emissioni inquinanti. Con l'ausilio della Provincia sarà possibile disegnare una mappatura del paese dal punto di vista energetico, da cui far discendere un progetto di interventi sulle utenze domestiche civili, sui siti commerciali, sugli uffici pubblici (scuole palestre biblioteca, uffici comunali e sull'illuminazione pubblica. Programmi informatizzati di grande semplicità ed efficacia già predisposti e in altri Comuni già operanti permettono di misurare l'andamento dei risparmi ottenuti e degli sprechi comprimibili. Questa opera di monitoraggio permette di orientare la scelta degli interventi più urgenti e più incisivi. Piuttosto vantaggiosa la disponibilità della Provincia che può finanziare fino al trenta per cento degli investimenti programmati.
Vero che mancano i soldi, ma mancano anche in altri Comuni che, invece, hanno
diviso a metà con la società incaricata i proventi derivanti dal risparmio energetico
conseguito.
Dove è saltato fuori che hanno già aderito da tempo Comuni come Nichelino, Airasca
e Volvera, mentre None è assente. Volvera ha realizzato con maggiori vantaggi la
distribuzione dell'acqua: facendo l'appalto ricava un centesimo ogni litro versato in
bottiglia, mentre None non guadagna neppure quel poco, ma versa alla SMAT 2mila
euro annui.
Dove la discussione circolare successiva ha fatto emergere alcune proposte che
possono essere avanzate al Comune o praticate dal Comitato: se il territorio è in
pericolo, per diminuire le emissioni di CO2 basterebbe imporre motori spenti alla
fermata dei semafori o ai passaggi a livello (le multe dei trasgressori porterebbero
anche soldi alle esauste casse del Comune). Da subito, però si è deciso di chiedere
un incontro con gli amministratori di Volvera e di Airasca per conoscere quali
difficoltà hanno incontrato e quali risultati hanno fin qui ottenuto. Ci servono anche
informazioni sulle emissioni di sostanze inquinanti nei Comuni viciniori, Airasca in
particolare.
Dove la bottiglia di passito è terminata alle ore 22. Al riparo della mezzanotte, “nella
sua orsina massiccità di montanaro corretto da anni di esistenza pianurale”, un
viaggiatore in arrivo da San Benedetto Belbo favoleggiava di gorghi, di tesori
nascosti e di dove diavolo possa essere nascosta la villa di Fulvia.

Ancora scribacchino l'anarchico

pensioni da dimenticare?

Pensioni: perchè è giusto indignarsi.

Siamo nel bel mezzo di quella che si avvia a diventare la più grave crisi economica del capitalismo e c'è chi mette al primo posto delle cose da fare una nuova riforma pensionistica in Italia. Sembrerebbe che se non si fa quest'intervento, l'Italia non reggerebbe alla «critica» dei mercati, il suo bilancio pubblico andrebbe in default e, per effetto domino, crollerebbe l'euro, l'Unione europea e l'economia mondiale. Boom! In effetti, la situazione è drammatica, ma come avrebbe detto Flaiano, non è seria. E non lo è anche per i risolini del duo Merkel-Sarkozy che certo non depongono a favore della loro levatura di statisti ma mostrano come si possa sfruttare la reputazione di barzellettiere del nostro presidente del consiglio per distogliere l'attenzione dai problemi dei sistemi bancari francese e tedesco (particolarmente esposti al ben più probabile default greco) e dai vincoli che le prossime scadenze elettorali nei loro paesi stanno esercitando nel fronteggiare la crisi.
Rimane da spiegare l'attenzione spasmodica verso il nostro sistema pensionistico che non più tardi di qualche mese fa veniva presentato come il nostro fiore all'occhiello rispetto ai ritardi e alle difficoltà di riforma incontrati da altri paesi, a cominciare dalla Francia.
La situazione del nostro sistema previdenziale, per ammissione comune, è strutturalmente in equilibrio attuariale. Tuttavia, alcuni sostengono che la fase di transizione al suo funzionamento a regime sarebbe molto lunga, il ché - si lascia intendere - determinerebbe un vulnus finanziario nel sistema e, conseguentemente, per il complessivo bilancio pubblico. I dati mostrano che non solo non è così, ma accade il contrario: il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni pensionistiche previdenziali al netto delle ritenute fiscali (cioè quanto esce dalle casse pubbliche e entra nelle tasche dei pensionati) è attivo per un ammontare di 27,6 miliardi, pari all'1,8% del Pil (ultimi dati disponibili riferiti al 2009). Questo avanzo si verifica in misura crescente dal 1998, a riprova che le riforme degli anni Novanta erano state efficaci rispetto al giusto obiettivo di riportare il sistema pubblico in condizioni di sostenibilità finanziaria, ma si è andati oltre. Sono state eliminate iniquità di trattamento e prestazioni giustificate da logiche clientelari e di consenso elettorale, ma le previsioni segnalano anche una forte generalizzata riduzione del grado di copertura pensionistica e la corrispondente maturazione di un grosso problema sociale: prima delle riforme del mercato del lavoro e pensionistiche avviate negli anni Novanta, un lavoratore dipendente poteva normalmente accumulare 40 anni di contributi e ritirarsi anche prima dei 60 anni con una pensione pari a circa l'80% dell'ultima retribuzione; nel 2035, un lavoratore parasubordinato che con difficoltà sarà riuscito ad accumulare 35 annualità contributive, ritirandosi a 65 anni, maturerà un tasso di sostituzione pari a circa la metà.
Se si omogeneizzano i dati della nostra spesa pensionistica - relativamente gonfiata nelle statistiche Eurostat dall'indebita inclusione dei trattamenti di fine rapporto (che sono salario differito, semmai ammortizzatori sociali, non pensioni) e dalla valutazione al lordo delle ritenute fiscali (da noi mediamente più elevate) la sua incidenza sul Pil è inferiore o in linea rispetto a quelle di Francia e Germania.
Altro punto di critica scarsamente fondato al nostro sistema pensionistico è la bassa età di pensionamento. Allo stato attuale, l'età di vecchiaia degli uomini e delle donne del settore pubblico (a partire dal prossimo gennaio) è ufficialmente di 65 anni, ma con il ritardo di 12 mesi della «finestra» (18 per gli autonomi) è di fatto 66 - cioè superiore a quello tedesco (65) e francese (62) - e dal 2013 aumenterà automaticamente in connessione all'aumento della vita media attesa, raggiungendo i 67 anni nel 2021 e i 70 nel 2047; per le donne del settore privato è già previsto un rapido aumento dai 61 anni effettivi attuali ai 65 nel 2021 e poi si uniformeranno ai maschi.
Si dice tuttavia che la nostra anomalia sarebbe la pensione d'anzianità. Ebbene, l'età effettiva di pensionamento degli uomini in Italia è di 61,1 anni, cioè poco meno che in Germania (61,8) e più che in Francia (59,1); per le donne il nostro dato (58,7) è inferiore sia a quello tedesco (60,5) che a quello francese (59,7),ma ciò rispecchia la congenita minore partecipazione al mercato del lavoro delle donne italiane e il loro ruolo di supplenza alle carenze assistenziali del nostro sistema di welfare. Comunque, la parificazione della loro età di pensionamento a quella maschile da poco decisa eliminerà rapidamente il divario e probabilmente lo invertirà.
A fini comparativi si deve anche tener presente che dal 1992 le nostre prestazioni pensionistiche non sono più agganciate agli incrementi salariali e sono indicizzate ai prezzi solo in misura parziale. Ce ne siamo accorti poco perché nel frattempo i salari italiani non sono cresciuti e l'inflazione è bassa, ma in Germania - dove secondo alcuni commentatori nostrani i pensionati invidierebbero quelli italiani - le prestazioni pensionistiche non hanno mai smesso di essere indicizzate sia agli incrementi reali dei salari che all'inflazione.
L'Unione europea (da non confondere con la Bce) non ci chiede nuove riforme pensionistiche, ma misure che - pur nel rispetto dei vincoli di bilancio - rilancino la crescita la cui necessità dovrebbe esserci chiara autonomamente. La crisi globale non è puramente finanziaria, ma ha radici strutturali connesse alla crescente difficoltà alimentata dal modello neoliberista di equilibrare una capacità produttiva in forte espansione con una pari dinamica della domanda alimentata da redditi da lavoro adeguati e stabili e da una spesa pubblica capace di favorire contemporaneamente le condizioni produttive e quelle sociali. Nel bel mezzo di un'imponete crisi recessiva - che sconta gli effetti cumulati del forte peggioramento distributivo e dell'accentuata instabilità determinata dall'autonomizzazione dei mercati, dalla finanziarizzazione dell'economia e dal contenimento delle politiche sociali - pensare di rilanciare la crescita mettendo al centro degli interventi una nuova riforma pensionistica è paradossale appunto:(drammatico, ma non serio); e considerando che l'età di pensionamento è già stata «indicizzata» attuarialmente agli aumenti della vita media attesa, imporre un ulteriore slittamento al ritiro dal lavoro (come molti auspicano), proprio in questa fase caratterizzata da una disoccupazione giovanile di circa il 30%, protrarrebbe ulteriormente l'entrata dei giovani nel mondo del lavoro, determinando un ulteriore invecchiamento degli occupati e del loro costo medio per le imprese; inoltre ridurrebbe la domanda complessiva delle famiglie e accentuerebbe i motivi della nostra demografia asfittica, ostacolando ulteriormente i processi di innovazione produttiva e di rinnovamento sociale indispensabili a frenare e invertire il declino specifico lungo il quale ci siamo avviati nell'ultimo ventennio.
Ma allora perché, anche in ambiti progressisti incontra favore l'idea di nuovi interventi sulle pensioni? Il punto è che i maggiori ostacoli a superare questa crisi epocale risiedono non solo nelle difficoltà frapposte dagli interessi economici, politici e culturali collegati al modello produttivo affermatosi nel passato trentennio e adesso entrato in crisi; le ragioni vanno individuate anche nei limiti delle forze progressiste nel saper rinnovare il modello economico-sociale, la mentalità prevalente nell'opinione pubblica e gli equilibri politici. A questo riguardo, un segnale positivo viene dalla «indignazione» che sta scuotendo il mondo. Quando gli indignati (di ogni età e in particolare i giovani) gridano che «la vostra crisi noi non la paghiamo», non solo manifestano una sacrosanta istanza etica e politica, ma indicano anche un presupposto economicamente qualificante e la direzione per superare la crisi in modo efficace. Ma se questo è vero, a maggior ragione non è accettabile che le giuste motivazioni dell'indignazione siano confuse e contraddette da azioni squadristiche di piazza o da analisi tanto inconsistenti quanto irresponsabili e controproducenti che, nel loro insieme, ostacolano l'affermazione di un nuovo senso comune progressista. Gli oneri della crisi devono essere accollati a coloro che l'hanno provocata con i comportamenti e con il sostegno a modelli socio-produttivi che hanno determinato la loro ricchezza personale e di ceto a discapito delle condizioni economiche, sociali e civili della grande maggioranza della collettività. Non è un caso che ciò sia avvenuto indebolendo le istituzioni pubbliche regolate da relazioni più democratiche e favorendo il potere dei «mercati», le cui scelte sono prese da pochissime persone e sospinte dalla logica dell'individualismo.
L'indicazione che viene dall'analisi della crisi e dall'indignazione di chi maggiormente ne ha subito prima le cause e adesso gli effetti è che per superare in meglio lo stato di cose presente sia utile e necessario un riequilibrio decisionale a favore delle istituzioni democratiche - da creare e rafforzare in quanto tali anche a livello sovranazionale, a cominciare dall'Europa. Naturalmente, il rafforzamento delle istituzioni della collettività anche in campo economico e nel loro ruolo d'interazione con i mercati non può certo essere effettuato riducendone la credibilità finanziaria; ad esempio, dovrebbe essere evidente che il default del debito sovrano, a parte altre drammatiche conseguenze, stroncherebbe la reputazione finanziaria, economica, sociale e politica dello stato e di chi da esso è rappresentato; e poi non ci si potrebbe nemmeno lamentare dei risolini altrui. Ma per approfondire le conseguenze devastanti di un default statale, specialmente per chi maggiormente sta soffrendo per le cause e per gli effetti della crisi, occorrerà un altro articolo.

Felice Roberto Pizzuti

(tratto da il manifesto del 27.10.2011)

martedì 25 ottobre 2011

anpi: resoconto comitato di sezione del 20.10.2011

Breve resoconto della riunione del comitato di sezione dell'ANPI tenutasi la sera del 20.10.2011.
Presenti: Roberto Cerchio, Rossella Chiappero, Mario Dellacqua, Giovanni Garabello, Diego Goitre.
La prima parte della serata è stata impiegata per fare il punto sul concerto del gruppo Jamin-a in programma per il 4 novembre p.v..
Confermato il luogo (il cinema) e appreso il buon esito del sopralluogo da parte dei fornitori dell'impianto di amplificazione, si è deciso di mandare in stampa delle locandine (piccole per i locali commerciali e grandi per i punti strategici e le bacheche del cinema) da esporre per le strade del paese. Alla fine è prevalsa la dicitura "concerto per la pace - tributo a fabrizio de andrè". Rossella si è assunta l'onere di distribuire le locandine ai principali esecizi commerciali ma anche di garantire la possibilità di una prenotazione telefonica (da confermare poi entro le 20.30 della sera stessa del concerto attraverso il versamento dei 5 euro di ingresso) accanto a quella "de visu" presso i locali del cinema i sabati e la domeniche precedenti, in orario spettacoli. Diego si è detto diponibile a supportare il gruppo Jamin-a nella eventale realizzazione di immagini e materiale video da proiettare nel corso del concerto. Ancora da "sistemare" la questione SIAE.
La pubblicazione del libro di memorie di Beppe Nicola "Tempo di guerra" è ormai imminente ed è stata fatta l'ipotesi del 25 novembre per la relativa serata di presentazione, possibilmente c/o la sala conferenze del palazzo comunale. E' emersa la possibilità di invitare il presidente provinciale ANPI Diego Novelli, previo via libera da parte di Beppe Nicola. Da confermare la partecipazione degli storici locali Marco Comello (Cumiana) e Pier Carlo Barberis (Orbassano).

P.S. successiva alla suddetta riunione del comitato di sezione è la decisione di organizzare la presentazione del libro alle ore 15.30 di sabato 26 novembre, su suggerimento di Giovanni

venerdì 21 ottobre 2011

la lunga marcia della non violenza

Dopo gli scontri del 15 ottobre a Roma è in corso un doppio movimento silenzioso di
incivilimento della lotta politica e sarebbe incivile non notarlo.
Primo. A sinistra, il movimento degli indignati mostra di aver compreso che
la violenza è la tomba della sua carica innovativa e liberatrice. Il movimento
condanna l'incendio delle auto e dei cassonetti, la blasfema distruzione della statua
della Madonna, l'assalto dei supermercati, delle banche e dei mezzi della polizia.
Addirittura, solidarizza con le forze dell'ordine e auspica l'individuazione dei
responsabili delle devastazioni. La lunga marcia contro il mito del gesto esemplare
fu molto faticosa, tremenda e incompiuta negli anni Settanta. Oggi appare più spedita
e più sicura. La scelta della nonviolenza come valore che qualifica i fini e rifiuta di separarli dai mezzi ha fatto molta strada. C'erano stati gli insegnamenti di Giuseppe Di Vittorio prima ancora di quelli di Pasolini (i poliziotti sono figli del popolo eprime vittime dell'emarginazione, non bersagli da colpire). Ad onor del vero, la scelta nonviolenta percorse un tornante decisivo nel contrastato Congresso rifondarolo di Venezia (2005) che non si lasciò trascinare dalle giornate cilene e messicane di Genova nella spirale violenza-repressione-violenza.
Secondo. Inaspettatamente, anche il linguaggio del centrodestra subisce una sua
evoluzione democratica. Ha rinunciato a servirsi con la consueta voluttà della
violenza. Non la presenta più come sbocco inesorabile di qualunque lotta giovanile
e di qualunque rivendicazione di uguaglianza sociale. Ha voluto distinguere la
guerriglia urbana dalla grande maggioranza dei manifestanti. Ha energicamente
condannato la prima, ma ha lanciato segnali di rispetto per i secondi.
Spero in un parallelo proseguimento di questo buon inizio. Forse sono troppo
ingenuamente ottimista.
Tuttavia, secondo me, è illusorio pensare di stroncare la violenza con misure
eccezionali di restrizione delle libertà di manifestare. Disoccupazione, precarietà,
solitudine dei giovani e debolezza delle loro prospettive resteranno nel futuro
una perenne sorgente di nuovi focolai di rancore pronti a divampare in forme
imprevedibili e distruttive di civiltà.

Mario Dellacqua



Caro Mario,
trovo difficile applicare le tue categorie su quei ragazzini quindicenni (!) che a
Roma hanno bruciato utilitarie di poveracci e cassonetti della spazzatura, scrivendo
sui muri "meno Cucchi, più Raciti". Però, all'opposto, le "autorità" hanno trovato
facile strumentalizzare "generalizzando" di black bloc e nuovi terroristi per chiedere(come Di Pietro) il ritorno del fascista fermo preventivo... E hanno trovato spazio facile anche quelli della non-violenza comoda: acchiappando magari quei ragazzini per consegnarli, denunciarli: vecchia pratica della violenza delegata (ai poliziotti).
Sono naturalmente della stessa pasta o gli stessi che hanno osato sputare in faccia
all'ultraottantenne Marco Pannella e mi hanno disgustato profondamente . Non credo
che la nonviolenza sia controviolenza e credo che tu sia stato troppo ottimista nella
tua analisi.

Vincenzo Guagliardo

giovedì 13 ottobre 2011

forse non ho capito niente

Mercoledì 5 ottobre dopo lunga e penosa estate si sono incontrati all'angolo di via Roma 11 Domenico Bastino, Gennaro Baffa, Renato Beccaria, Carla Benotti, Bianco Vidisè di Ruggieri, Nadia Biscola, Giuliano Carletti, Ciambella di Fernanda, Mario Dellacqua, Freisa dell'assente Mario Scaglia, Enzo Garrone, Rito Di Mario, Pasquale Mataluni, Fernanda Mazzoni, Passito dell'assente Mario Scaglia, Mario Ruggieri, Gianluigi Saccione, Nunzio Sorrentino, Mario Vruna.

Dove il portavoce Sorrentino ha riferito dell'incontro con l'avvocato Enrichens dal quale siamo usciti con moderato ottimismo giacchè il mancato inizio dei lavori comporterà la decadenza dell'autorizzazione se non motivato d a cause di forza maggiore. E i termini scadono alla fine di novembre. Dove si è sottolineato che occorre informare tutti i cittadini e i partecipanti alla manifestazione del 10 giugno che il TAR non si è ancora pronunciato e ogni esito è sempre possibile, ma il paese invece ha fatto sapere il suo deciso no e bisognerà farlo pesare. Dove si è approvata l'idea di Mario Ruggieri di promuovere l'affissione di un manifesto informativo, ma il verbalista insonnolito non ha ben capito con quali soldi e presso quale ditta procedere alla produzione. Dove da Enzo Garrone si è preso atto con moderata soddisfazione che in Municipio non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale e tutto appare fermo. Dove il portavoce Nunzio Sorrentino ha raccontato dell'imminente svolgimento dell'incontro con il Presidente della Provincia già previsto prima delle ferie. Dove si è chiarito che il Comitato (ma anche il Comune) sono controparti della Provincia, ma ci aspettiamo che mantenga fede all'impegno di resistere anche in Consiglio di Stato ove il TAR accogliesse il ricorso di Benarco, volto a rimuovere anche i vincoli ambientali stabiliti dalle linee guida della stessa Provincia. Dove Enzo Garrone ha ricordato di aver chiesto cosa pensa il Comitato del nucleare e ora chiede se c'è una posizione del Comitato su eventuali impianti a biogas. Dove per ora gli si è data una risposta col cavolo. Dove ad un certo punto la facondia oratoria ha prodotto il cedimento della resistenza civile, lo svuotamento delle bottiglie e il taglio della ciambella. Al termine della singolar tenzone un gruppo è stato rinvenuto esausto e sdraiato sulle panchine di piazza Vigo. Sopravvivono le due bottiglie di passito e una di bianco vidisè. Altro dirti non so e più non dimandare. Comunque nel 1943 era peggio, come dice mio suocero quando a tavola qualcosa non gli piace tanto.

Ancora anarchico lo scribacchino

mercoledì 12 ottobre 2011

Il risiko della centrale appesa ad un Kyoto

Si prendano tre bicchieri. Si pongano in una superficie piana. Si stabilisca che
ognuno di essi rappresenti un obiettivo da raggiungere entro il 2020.
1. AMBIENTE: raggiungere una diminuzione del 20% delle emissioni di
gas serra degli Stati membri dell'Unione Europea;
2. FONTE ENERGIA: portare la quota di energia prodotta con fonte
rinnovabile al 20%;
3. RISPARMIO ENERGIA: ottenere un risparmio dei consumi energetici
del 20%.
Il gioco consiste nel portarli avanti contemporaneamente ma con una sola
mossa, conciliando l’aspetto economico con quello ambientale. Occorre,
inoltre, tener presente che detti obiettivi, propri della Commissione Europea,
sono funzionali agli accordi del Protocollo di Kyoto sulle emissioni dei gas
serra. Quindi, in nessun caso l’aspetto ambientale può essere subordinato ad
altre necessità.
Conosciute le regole del gioco, possiamo fare una prima considerazione.
Come si stanno muovendo i giocatori?
IL GOVERNO: come sempre in ritardo nel recepire le direttive europee, ha
puntato sul fattore fonte energetica. Ha promosso le rinnovabili con ricchi
contributi senza l’emanazione di linee guida necessarie al riordino di un
mercato, ben presto dimostratosi selvaggio. Risultato: forte impulso al business
degli operatori con aumento dei costi e, in parecchi casi, peggioramento delle
condizioni ambientali.
Ha spostato un solo elemento su tre del risiko, ha trascurato il RISPARMIO e
l’AMBIENTE e fin qui al nostro gioco ha perso.
Di recente ha però modificato la propria strategia.
Per il RISPARMIO ha deciso di rivedere il sistema delle sovvenzioni
modulandole in funzione di sistemi cogenerativi ad alto rendimento:
• Viene valorizzata l’energia prodotta al netto di quella impiegata nel
processo produttivo.
• La durata è subordinata all’utilizzo in teleriscaldamento del calore
prodotto.
Per l’AMBIENTE ha emanato delle linee guida che a loro volta delegano
le Regioni ad emanare le proprie. Ad esse è riconosciuta la possibilità di
evidenziare le “zone non idonee” all’insediamento di nuovi impianti .
La REGIONE PIEMONTE: la Commissione Ambiente della Camera dei
Deputati, nell’ambito di una sua indagine conoscitiva, ha richiesto a cinque
regioni, fra le quali la regione Piemonte, lo stato dell’arte dei lavori di
recepimento delle linee guida nazionali.

La regione Piemonte, in forza del pregresso non esaltante e fortemente
sollecitata da decise contestazioni delle comunità interessate agli insediamenti,
ha risposto evidenziando le difficoltà specifiche del nostro territorio e la
necessaria cautela da attivare in tale processo decisionale:

“… Lo sviluppo dell’utilizzo energetico delle biomasse …… può incidere
negativamente sulle emissioni di inquinanti quali il particolato (PM), gli ossidi
di azoto (NOx) e i composti organici volatili (COV) rendendo quindi ancora
più impegnativo, per gran parte del territorio regionale, il raggiungimento
degli standards di qualità dell’aria individuati dalla vigente normativa
europea (direttiva 2008/50/CE). ……..

Il territorio della Regione Piemonte, come peraltro quello dell’intero bacino
padano, presenta forti criticità in merito alla qualità dell’aria. Si rendono
quindi indispensabili interventi in grado di produrre una sostanziale e
strutturale diminuzione delle emissioni degli inquinanti più critici, obbiettivo
che, nell’ambito della produzione di energia (termica e/o elettrica), diventa
sicuramente più arduo nel momento in cui si sostituiscono progressivamente
i combustibili fossili con le biomasse, caratterizzate di norma da fattori di
emissione di inquinanti quali PM e NOx sostanzialmente più elevati…
La problematica dell’interazione tra lo sfruttamento della biomassa e il
risanamento della qualità dell’aria sarà inserita, nell’ambito delle Linee
Guida regionali sugli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati
con biomassa (recepimento DM 10.09.20101), tra i criteri per l’individuazione
di porzioni di territorio non idonee a ricevere impianti per la produzione di
energia elettrica da biomassa.….”

Sfruttando il vantaggio di giocare dopo, quanto sopra farebbe presagire che la
regione Piemonte sia sulla strada giusta per fare le mosse vincenti. Siamo però
tutti consapevoli di quanto si addica alla politica l’operato di Penelope sulla
sua tela. E' bene quindi, per le classifiche di merito, aspettare le posizioni del
concorrente al traguardo.

La PROVINCIA di Torino: è stata mandata in prima linea dalla regione con il
compito di autorizzare gli insediamenti in un contesto normativo in definizione.
Ha provveduto in autonomia a darsi delle regole che nel complesso possiamo
definire di “buon senso” ed in completa sintonia con quanto dopo espresso
dalla regione Piemonte.

Ha evidenziato il fattore AMBIENTE richiamando le cautele necessarie
per i centri definiti in zona di Piano e, per questi, ha inteso vincolare le
autorizzazioni a precisi bilanci ambientali che comportino un miglioramento
della qualità dell’aria. Per il RISPARMIO ENERGETICO, collegando

la produzione di energia elettrica a quella termica da utilizzare tramite
teleriscaldamento, ha introdotto il vincolo della cogenerazione. Inoltre,
prevedendo il rispetto di determinati indici di risparmio energetico, ha
meglio caratterizzato e definito l’impiantistica del processo produttivo in
autorizzazione.

Una prova orale eccellente. Peccato che la prova pratica sia stata disastrosa.

A None, quindi in un paese di zona di Piano e come tale da interessare con
azioni specifiche per il miglioramento dell’aria, ha autorizzato la costruzione di
una centrale a biomassa:

• in assenza di un serio progetto di teleriscaldamento, in un contesto dove
non sarebbe neanche economicamente utile prevederlo.
• Senza la minima traccia del previsto “bilancio ambientale” che peraltro,
valutato il contesto specifico e la concentrazione di analoghi impianti,
non potrebbe in alcun modo presentare un saldo positivo.
• In pieno contrasto con la società richiedente l’autorizzazione che ha
presentato ricorso contro gli indici di risparmio energetico e i criteri di
utilizzo del calore prodotto.

Un’autorizzazione che sconfessa tutti i buoni propositi presenti nelle linee guida
provinciali.

Se sospendiamo il giudizio sull’operato della regione, in attesa che prendano
corpo le sue decisioni e, con la cautela del caso, possiamo ricondurre il nostro
timore al tatticismo di Penelope, nel caso della provincia possiamo apertamente
affermare che si è “predicato bene ma razzolato male”.

Mario Ruggieri

mercoledì 5 ottobre 2011

l'anpi di none alla pancalera


La delegazione della sezione "Michele Ghio" dell'Anpi nonese a Lombriasco il 2 ottobre scorso, alla commemorazione della battaglia della Pancalera.  Il 26 settembre 1944, in un combattimento ravvicinato sulla strada che congiunge Pancalieri con Carignano caddero i partigiani garibaldini Franco Diena (Ferrero) e Chiaffredo Barreri (Tormenta). La Resistenza voleva impedire ad un'autocolonna nazista di continuare nella requisizione del grano che i tedeschi prelevavano ai contadini mediante ordine tassativo di conferire tutte le quantità di grano e di segale ai centri di ammasso di Vigone, Carmagnola o Carignano. In caso di mancata consegna, sarebbero stati "considerati sabotatori e passibili quindi di confisca di tutti i prodotti agricoli compreso il bestiame". Il successo dell'operazione militare avrebbe legato "ancora più fortemente i contadini alle formazioni partigiane" e li avrebbe spinti "concretamente verso l'insurrezione nazionale liberatrice".
Nella foto, con i nonesi anche Diego Novelli, presidente provinciale ANPI che a Lombriasco ha tenuto l'orazione ufficiale.

resoconto direttivo anpi del 15.9.2011

In ritardo un breve resoconto della riunione del direttivo anpi (ma aperta a tutti) di None tenutasi la sera del 15.9.2011.
Presenti: Roberto Cerchio, Rossella Chiappero, Stefano Corongiu, Mario Dellacqua, Massimiliano Franco, Diego Goitre.
La prima parte della serata è stata impiegata per discutere con Stefano dell'idea di un concerto contro la guerra con le canzoni di Fabrizio De Andrè cantate e suonate dal suo gruppo (di Stefano) Jamin-a. La data proposta è stata, un po' provocatoriamente, il 4 novembre p.v., il luogo ipotizzato il cinema di None. Stefano si è dimostrato d'accordo con lo spirito dell'iniziativa e disponibile a portarla avanti dal punto di vista musicale. Insieme si è ipotizzato di far pagare un biglietto di ingresso di circa 5 euro in modo da rientrare, nella migliore delle ipotesi, delle spese (preventivate in circa 1000 euro tra affitto di service e cinema, SIAE e pubblicità). Diego si è quindi impegnato a presentare il progetto in Parrocchia nella speranza di un via libera (che pare sia arrivato).
Successivamente si è rifatto il punto sulla pubblicazione del libro di memorie di Beppe Nicola "Tempo di guerra" ormai prossima, e della relativa serata di presentazione. E' emersa la disponibilità di massima di Marco Comello, cumianese, autore del libro "Covo di banditi" sulla Resistenza a Cumiana, a partecipare alla serata.
Si è ridiscusso dell'opportunità di dotarci di un vessillo e i più si sono orientati su un labaro piuttosto che su una bandiera.
Infine si è pensato di modificare il blog nonunomanoi in modo di far emergere più chiaramente la pluralità di gruppi che fanno riferimento all'angolo di via Roma, 11 e al suddetto blog (tra cui noi dell'anpi). Le modifiche ad oggi sono già state in parte apportate individuando dei filtri in grado di selezionare gli interventi pubblicati in base all'attinenza ad uno o più gruppi.