mercoledì 3 agosto 2011

La barca dei morti

di Furio Colombo

Arrivano a Lampedusa barche di scampati al mare. L’Italia è un Paese che prontamente prende possesso dei sopravvissuti, li rinchiude senza ragione, senza reato, senza sentenza, dentro prigioni (detti Centri) che altrove sarebbero definiti di massima sicurezza e li lascia in lunga attesa di un rimpatrio a volte assurdo, perché stiamo parlando di scampati a guerre e rivoluzioni.

Molte volte le barche non arrivano. Assieme alla gang di governo di un personaggio ignobile, Muammar Gheddafi, avevamo, per un prezzo da pirati, organizzato un congegno detto “pattugliamento” allo scopo di provvedere – con navi, armi e ufficiali italiani – al “respingimento in mare” che vuol dire negazione di ogni diritto.

Quanti siano morti o lasciati morire durante quelle operazioni non lo sapremo mai. Poi Gheddafi è diventato un fuorilegge braccato nella sua terra, ma il governo italiano non ha avuto pudore a chiedere, in piena guerra, persino il sostegno della Nato per bloccare fuga e speranza dei rifugiati. La Lega di Bossi e Maroni si è espressa con una frase che resterà una vivida immagine di questa Italia: “Fuori dalle balle”.

Ieri è arrivata a Lampedusa una barca di morti. Tutti coloro che erano stipati sotto coperta sono giunti cadaveri (esalazioni di anidride carbonica). Quella barca, come in un film dell’orrore, è un simbolo che non potremo dimenticare e che la Storia attribuirà all’Italia, alle sue leggi, al suo governo e – come in tutti i delitti di massa – al silenzio di molti.

Quei morti appartengono alla cultura distorta, ossessiva e perversa che ha spinto l’Italia al trattato con la Libia, al “pacchetto sicurezza”, alle leggi razziali della Lega Nord. Intanto quelli tra i profughi catturati vivi e rinchiusi nei “Centri” si rivoltano. Sta accadendo a Bari, perché tutto è negato nei centri e niente è garantito, dopo che la detenzione senza reato è stata arbitrariamente portata da sei a diciotto mesi.

La Lega (il partito) cade a pezzi. Ma il danno fatto all’Italia, incattivita e imbastardita dalla sottocultura nazistoide di Borghezio, imposta dal ministro dell’Interno Maroni (che vieta ai giornalisti di visitare i suoi centri) resta grande. La rivolta contro lo sterminio, l’abbandono o la cattura dei profughi e rifugiati dovrebbe cominciare non nei Centri ma, per salvare la dignità del Paese, in Parlamento.

Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2011