venerdì 21 ottobre 2011

la lunga marcia della non violenza

Dopo gli scontri del 15 ottobre a Roma è in corso un doppio movimento silenzioso di
incivilimento della lotta politica e sarebbe incivile non notarlo.
Primo. A sinistra, il movimento degli indignati mostra di aver compreso che
la violenza è la tomba della sua carica innovativa e liberatrice. Il movimento
condanna l'incendio delle auto e dei cassonetti, la blasfema distruzione della statua
della Madonna, l'assalto dei supermercati, delle banche e dei mezzi della polizia.
Addirittura, solidarizza con le forze dell'ordine e auspica l'individuazione dei
responsabili delle devastazioni. La lunga marcia contro il mito del gesto esemplare
fu molto faticosa, tremenda e incompiuta negli anni Settanta. Oggi appare più spedita
e più sicura. La scelta della nonviolenza come valore che qualifica i fini e rifiuta di separarli dai mezzi ha fatto molta strada. C'erano stati gli insegnamenti di Giuseppe Di Vittorio prima ancora di quelli di Pasolini (i poliziotti sono figli del popolo eprime vittime dell'emarginazione, non bersagli da colpire). Ad onor del vero, la scelta nonviolenta percorse un tornante decisivo nel contrastato Congresso rifondarolo di Venezia (2005) che non si lasciò trascinare dalle giornate cilene e messicane di Genova nella spirale violenza-repressione-violenza.
Secondo. Inaspettatamente, anche il linguaggio del centrodestra subisce una sua
evoluzione democratica. Ha rinunciato a servirsi con la consueta voluttà della
violenza. Non la presenta più come sbocco inesorabile di qualunque lotta giovanile
e di qualunque rivendicazione di uguaglianza sociale. Ha voluto distinguere la
guerriglia urbana dalla grande maggioranza dei manifestanti. Ha energicamente
condannato la prima, ma ha lanciato segnali di rispetto per i secondi.
Spero in un parallelo proseguimento di questo buon inizio. Forse sono troppo
ingenuamente ottimista.
Tuttavia, secondo me, è illusorio pensare di stroncare la violenza con misure
eccezionali di restrizione delle libertà di manifestare. Disoccupazione, precarietà,
solitudine dei giovani e debolezza delle loro prospettive resteranno nel futuro
una perenne sorgente di nuovi focolai di rancore pronti a divampare in forme
imprevedibili e distruttive di civiltà.

Mario Dellacqua



Caro Mario,
trovo difficile applicare le tue categorie su quei ragazzini quindicenni (!) che a
Roma hanno bruciato utilitarie di poveracci e cassonetti della spazzatura, scrivendo
sui muri "meno Cucchi, più Raciti". Però, all'opposto, le "autorità" hanno trovato
facile strumentalizzare "generalizzando" di black bloc e nuovi terroristi per chiedere(come Di Pietro) il ritorno del fascista fermo preventivo... E hanno trovato spazio facile anche quelli della non-violenza comoda: acchiappando magari quei ragazzini per consegnarli, denunciarli: vecchia pratica della violenza delegata (ai poliziotti).
Sono naturalmente della stessa pasta o gli stessi che hanno osato sputare in faccia
all'ultraottantenne Marco Pannella e mi hanno disgustato profondamente . Non credo
che la nonviolenza sia controviolenza e credo che tu sia stato troppo ottimista nella
tua analisi.

Vincenzo Guagliardo

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