giovedì 25 novembre 2010

Non vogliamo rischiare un altro dottor Scotti

Oltre agli scarti biologici della lavorazione del riso, l'impianto di coincenerimento Riso Scotti di Pavia utilizzava nella produzione di energia elettrica e termica, anche rifiuti misti come legno, plastiche, imballaggi, fanghi di depurazione di acque reflue urbane ed industriali. Erano così superati i limiti massimi di concentrazione che la normativa prevede per i metalli pesanti come il cadmio, il cromo, il mercurio, il nichel e il piombo. Scoperto dalla Guardia Forestale, il presunto traffico illecito trasformava 40mila tonnellate di rifiuti in un giro di affari di circa 30 milioni di euro, secondo il Corriere della sera. I certificati di analisi venivano falsificati e grazie all'intervento di laboratori compiacenti e alla miscelazione con rifiuti prodotti nell'impianto si alteravano le reali caratteristiche dei combustibili destinati ad alimentare la centrale. Il danno inferto alla salute pubblica e alla qualità dell'aria è notevole, così come è facilmente ipotizzabile una frode in pubbliche forniture e una truffa ai danni dello Stato, visto che tali rifiuti non potevano essere utilizzati in un impianto destinato alla produzione di energia da fonti rinnovabili che ha goduto di ampie sovvenzioni pubbliche: una zuppa di 25 milioni di euro, secondo Il Fatto quotidiano. Trasformare biomasse in energia rende molto, perchè lo Stato, grazie alle bollette maggiorate pagate dai cittadini, compra elettricità a prezzi di favore fissati dalla normativa sui certificati verdi. Ma non è finita: le aziende di mezza Italia portavano negli impianti di Pavia i loro scarti per circa 27mila tonnellate e naturalmente pagavano per liberarsene.  La fantasia rapace degli uomini della Riso Scotti Energia non si accontentava però di miscelare gli scarti della lavorazione del riso (la lolla) con polveri provenienti dall'abbattimento dei fumi, fanghi, terre dello spazzamento strade, ma venivano venduti illecitamente ad altri impianti di termovalorizzazione, ad industrie di fabbricazione di pannelli in legno e addirittura ad aziende agricole e ad allevamenti di polli e suini in Lombardia, Veneto e Piemonte. 
Un vero capolavoro di affarismo e di cinismo, se si pensa che per ottenere il consenso delle istituzioni pubbliche alla realizzazione del suo progetto, l'amministratore delegato della Riso Scotti Energia parlava di andare “oltre il petrolio verso la bioeconomia”, di “ruolo innovativo delle coltivazioni vegetali di biomassa” e di “cogenerazione di energia elettrica e vapore” attraverso l'uso di “biomasse vergini come fonti di energia”. 
Messaggi non dissimili nel loro potere rassicurante vengono oggi lanciati da Benarco per sostenere la bontà del suo progetto dalle parti di via Aldo Moro, per lusingare il Sindaco di None, lisciare il pelo dell'assessore provinciale “impotente” reo confesso e mettere nel sacco tutti gli altri. Ma noi non vogliamo rischiare un altro riso amaro come quello del dottor Scotti e diciamo un no a testa alta e a schiena dritta. 
Mario Dellacqua
Leggi Traffico illecito di rifiuti, “Il Corriere della Sera”, 17 novembre 2010
e V. MALAGUTTI, Dietro i chicchi, “Il Fatto quotidiano”, 18 novembre 2010.

4 commenti:

  1. Buongiorno,
     Alcuni fatti:
    -          Nella sola provincia di Torino ci sono 10 richieste per nuove centrali a Biomassa legnosa
    -          Nella sola regione Piemonte ci sono oltre 60 richieste per nuove centrali a Biomassa legnosa
    -          Già ora l’Italia è il maggiore importatore dall’estero di biomassa legnosa (fonte Report)
    -          Dove per estero si intende anche il Sud America (fonte Report del 30 novembre - www.report.rai.it)
    -          Ho avuto modo recentemente di assistere ad un incontro nel Comune di None, con il presidente della provincia di Torino, il quale asserisce che (quasi a voler dimostrare l’inutilità a battersi contro queste centrali):
    o    la legge nazionale prevede delle “autostrade legislative” alle quali né le provincie, né le regioni, né i comuni hanno strumenti per opporsi.
    o   La biomassa può provenire da qualsiasi paese europeo (ma sappiamo che nessuna normativa impedisce che arrivi anche da extra europea), per il principio della libera circolazione delle merci
    o   Il prezzo della biomassa di provenienza estera è di circa 40 euro/Ton, contro le 80 Euro/Ton della biomassa legnosa nazionale (a causa della scarsità in Italia e della complessità di andarla a ricercare in zone montagnose,….e aggiungerei io per il fatto che ancora rispettiamo un certo numero di leggi sul lavoro ed altro,…… per fortuna)
     
     
    In pratica stiamo subendo la chiusura del cerchio perfetta e perversa per la quale:
     
    1.       Soggetti privati, sfruttando gli incentivi statali dati dai certificati verdi, hanno una grande convenienza economica a fare questo tipo di centrale (ad esempio per 1 centrale da 1 MW elettrico, un privato riceve 30 milioni di euro di soldi pubblici in 10 anni che vengono così sottratti ad investimenti per l’ambiente che potrebbero essere ben più virtuosi, come il risparmio energetico o il fotovoltaico)
    2.       La biomassa viene prelevata (visto che la legge per di più lo consente….), evidentemente dove costa meno,…..quindi SudAmerica, con il risultato di: creare una quantità di CO2 per prelievo/trasporto/movimentazione, probabilmente pari a quella che teoricamente si vorrebbe evitare di bruciare in termini di combustibile fossile ( bruciando in sua vece un combustibile da fonte rinnovabile), ma alla fine dell’operazione la CO2 prodotta è doppia!: quella da fonti primarie per il taglio/trasporto/mainipolazione + quella prodotta dalla biomassa stessa;
    3.       Vengono disboscate foreste vergini (verranno poi ripiantate???)
    4.       Si crea un inquinamento locale assai elevato (il legno produce 60 volte di più di sostanze inquinanti, rispetto al metano, a parità di calorie: fonte: dati ufficiali della regione Piemonte.
    Messa così sembra un vergognoso scempio, purtroppo è la pura realtà, e non sembra neanche scandalizzare più di un tanto gli amministratori pubblici (ci sono interessi milionari comunque dietro,……..)
     Cosa si può fare per contrastare tutto questo?
    I comuni , le provincie, e le regioni, sembrano avere pochi strumenti rispetto alle leggi nazionali (almeno così dicono ma è anche un comodo paravento,….), ma la situazione sta realmente degenerando.
     Nel comune di None, vittima di una di queste richieste, è nato un anno fa un comitato cittadino per opporsi,….ma la battaglia è dura.….Occorrerebbero delle azioni congiunte tra i vari comuni e forse un campagna di sensibilizzazione a livello nazionale.
    Grazie per consigli.
     
    Luca Baldo

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  2. Ciao Mario

    Guarda cosa abbiamo trovato (forse l'articolo lo avete giò visto ma in questi casi ripetere giova...)

    http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/374478/

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  3. Non conoscevo l'articolo e lo trovo utilissimo. Lo segnalo all'amministratore del blog per la sua pubblicazione. Grazie per questa molto opportuna lettura selettiva dei quotidiani. mario

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  4. Salviamoci, soldato Ronco, dalla biomassacrazione.

    In un recente articolo comparso sull’Eco del Chisone il 17 u.s., a proposito delle autorizzazioni di nuove centrali a biomassa, l’assessore provinciale Ronco ha dichiarato: «La volontà del legislatore nazionale è chiara. Il decreto legislativo 387/2003 stabilisce delle "autostrade" procedurali per la realizzazione di centrali a biomasse».
    Tali considerazioni non sono sbagliate ma incomplete.
    L’articolo 5 del medesimo decreto legge titola “Disposizioni specifiche per la valorizzazione energetica delle biomasse” e richiede la nomina di una commissioni di esperti che “individui i distretti produttivi nei quali sono prodotti rifiuti e residui di lavorazione del legno non destinati rispettivamente ad attività di riciclo o riutilizzo, valuti la valorizzazione energetica degli scarti della manutenzione boschiva, delle aree verdi, delle alberature stradali e delle industrie agroalimentari e segnali le aree agricole, anche a rischio di dissesto idrogeologico e le aree golenali sulle quali e' possibile intervenire mediante messa a dimora di colture da destinare a scopi energetici.”
    Se poi analizziamo la direttiva comunitaria che ha dato vita al decreto in questione scopriamo che ha tre principi ispiratori: l’impatto positivo sulla coesione sociale, la sicurezza degli approvvigionamenti ed un rapido raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. I risultati finora conseguiti sono diametralmente opposti a quelli perseguiti: contestazione sociale, approvvigionamenti di dubbia provenienza, speculazione selvaggia e maggior inquinamento.
    Risulta, quindi, di tutta evidenza che le autostrade, sia economiche che procedurali, sono da riservare a chi propone soluzioni per l’utilizzo ai fini energetici di quanto localmente rappresenta un rifiuto legnoso inutilizzato o la conversione di terreni agricoli in stato di dissesto.
    Tra l’altro queste autostrade unidirezionali arrecano danni anche a settori produttivi già in crisi, meritori di incentivazioni statali, come l’industria della produzione di mobili, mettendoli in ulteriore difficoltà, in quanto i residui legnosi prima destinati alla produzione di pannelli ora alimentano centrali a biomassa. Queste, a loro volta, sono destinatarie di contributi pubblici che drogano un mercato meramente speculativo. In estrema sintesi vi sono due finanziamenti pubblici in assoluto conflitto d’interessi tra loro.
    La Provincia sta per ultimare l’iter autorizzativo di una centrale a None, in un contesto dove gli unici alberi esistenti sono quelli ornamentali nei giardini privati. E’ logico chiedersi in che maniera verrebbe valorizzata la potenzialità delle biomasse locali, come prefigurato dal suddetto articolo 5, se queste sono inesistenti.
    E’ meritevole la definizione di linee guida stabilite dalla Provincia. Esse, purtroppo, risultano solo una sterile dichiarazione d’intenti se non impediscono la costruzione di una centrale a biomassa in un comune definito dalla stessa Provincia a rischio ambientale, e per questo compreso tra quelli della zona di piano.
    Il buon senso dei cittadini chiede alla politica una immediata moratoria per le autorizzazioni in corso, nell’attesa che la Regione pianifichi tali insediamenti ove esistono le condizioni richiamate proprio dal suddetto decreto legge .

    Mario Ruggieri

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