domenica 25 luglio 2010

INDESIT: GUERRA TRA POVERI?


Il 23 luglio Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato 8 ore di sciopero in tutti gli stabilimenti Indesit contro un piano industriale che prevede un investimento di 120 milioni di euro in tre anni in cambio della chiusura degli stabilimenti di Brembate (Bergamo) e di Refrontolo (Treviso), le cui produzioni verrebbero trasferite a Teverola (Caserta). La chiusura degli impianti lascerebbe senza lavoro 550 addetti. Da circa un mese le maestranze di Refrontolo e di Brembate bloccano i magazzini e il gruppo Merloni minaccia di mandare tutti a casa se non verrà tolto il presidio perchè “l'azione di forza colpisce produzioni già in difficoltà”. Ma i sindacati respingono un piano di rilancio che passi attraverso la chiusura di due stabilimenti.
Mentre il sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia ha convocato le parti al Ministero, compaiono i primi politici in cerca di una parte di “SalvaIndesit” da recitare. Il ministro Calderoli, in visita a Brembate per la manutenzione dei suoi voti leghisti, non ha mancato di soffiare sul fuoco della competizione con gli stabilimenti meridionali in omaggio al principio “prima i nostri”. Imbarazzo nel centrosinistra, dove Maria Paola Merloni è parlamentare del Pd.
Le istituzioni democratiche e il movimento sindacale dovrebbero praticare una strategia efficace per tutelare in ugual modo tutti i lavoratori, non adoperarsi sottobanco perchè a subire il licenziamento sia sempre qualcun altro: italiani contro polacchi a Pomigliano e a None, bergamaschi e trevigiani contro casertani.
“A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro (..) Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare internazionalmente – scrivono gli operai Fiat di Tychy in Polonia – contro chi ci ha dissanguato per anni e ora ci sputa addosso. Lavoratori, è ora di cambiare”.

Leggi “Avvenire” e “Il manifesto” dell'11 luglio 2010

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