martedì 27 aprile 2010

In morte del partito… politico

In morte del partito…
politico

di Gianni
Marchetto – aprile 2010

  • Mi è capitato
    di ascoltare per radio gli interventi di Fini, Berlusconi e Alfano e ne ho tratto oltre che lo scontro dentro il PdL una sconfortante analogia e realtà all’interno della forze di sinistra a cominciare dal PD.
  • Fini, in fondo in fondo, cosa chiede al PdL (e a Berlusconi): una relativa autonomia del partito dall’azione del governo, che dice giustamente è di coalizione e quindi non può rappresentare le idee del partito, visto poi che il partito di coalizione è la Lega che della autonomia di partito dal momento della sua azione nelle amministrazioni ne ha fatto la sua ragione d’essere.
  • Macchè, il Berlusconi gli risponde enumerando tutte le cose che ha fatto il suo governo, tant’è che nell’assemblea fa intervenire uno dietro l’altro i vari ministri del governo, facendo così coincidere l’azione del PdL con l’azione del governo. Ma d’altra parte cosa ci si aspetta, lui il Berlusca, cosa gliene frega del partito, della sua autonomia, ecc, lui che l’ha fondato sul predellino di una macchina, che ha portato in politica una concezione da padrone, da amministratore delegato.
  • Diversa invece è stata la risposta di Alfano il quale anzi rivendica “teoricamente” l’attuale impostazione del PdL: un rapporto diretto tra il leader e il “popolo” che si identifica con questo nel caso sia all’opposizione e maggiormente quando è al governo, il partito deve essere funzionale a questa idea.
  • Povero Fini, lui che viene dalla tradizione della destra italiana (il fu MSI) che giocoforza è stato tagliato fuori dai governi locali e maggiormente da quello nazionale fin dalla sua nascita, cresciuto quindi in un ambiente dove (giocoforza) si è dovuto misurare con gli aspetti di elaborazione culturale, di strategia, ecc. vedere il proprio partito (il PdL) appiattirsi solo sulla governance egemonizzata dalla Lega, per giunta.

  • Diversa è la situazione nella Lega. Diversi commentatori fanno rilevare la forte analogia tra il fu PCI e la sua attuale strategia (di lotta e di governo) e la sua territorialità. Vero però… io vedo una analogia del tutto rovesciata rispetto al fu PCI: 1° perché di “lotta e di governo” nella esperienza del fu PCI c’era il “governo” a partire dall’essere all’opposizione (sempre in campo nazionale) e, pur maturando anche
    nell’allora PCI, il partito degli assessori, l’autonomia del partito dalle cose amministrative si faceva, eccome, sentire. Es. da me conosciuto a Torino: uno poteva aspirare a segretario della federazione se passava come responsabile della Commissione Fabbriche, se no…ciccia! 2° la “narrazione” a livello del territorio si basava sull’avere a disposizione centinaia e migliaia di quadri impegnati chi nell’attività del partito, chi nel sindacato, chi nella cooperazione e uno sterminato “saper fare” che caratterizzava la militanza comunista, altro che la presenza ai soli “gazebo” in piazza – 3° cosa molto più importante, un
    rapporto dialettico tra “esperienza e scienza”, tra la cultura accumulata nel partito e la verifica continua con l’esperienza che larghe masse facevano quotidianamente sul loro vissuto. In pratica era
    evidente una “pedagogia di massa” nei due sensi dal centro alla periferia e viceversa. Cosa centra con questa “pedagogia di massa” l’attuale conformazione della Lega?! Anzi io vedo l’esatto contrario:
    in maniera la più opportunistica possibile l’appiattirsi sulla sola pancia dei propri elettori, di più, cavalcare le cose più irrazionali che da lì vengono fuori (anche quando si tratta di elettori operai).
  • Cosa centra per es. chiedere che uno straniero che voglia fare l’imprenditore deve sostenere un esame in italiano, chiedo: si può sostenere che un imprenditore che svolga questa attività in Italia possa farlo senza conoscere l’italiano. Ma andiamo! Il problema a me pare sia un altro con delle conseguenze
    colossali. Faccio un esempio: per arrivare ad essere un muratore o un carpentiere provetto (vale per qualsiasi altra professionalità), ci vanno circa 4 anni (o 5 in alcuni casi) di attività pratica, oltre
    alla conoscenza del disegno e di particolari norme attinenti alla professione. Bene, quanto ci va per lo stesso muratore per diventare imprenditore? Mezza giornata, basta che il nostro vada alla Camera di Commercio, paghi i relativi bolli e … il gioco è fatto! Ma cosa sa questo nostro nuovo
    “imprenditore” su: il Diritto del Lavoro (i contratti collettivi es.), sulla Legge 81/2008. Assolutamente nulla, è un autentico “caprone”, e ciò è abbastanza evidente, comprensibile, chiaro: il nostro non ha trovato nessuno a raccontargliela.
  • Non sarebbe questa una “riforma” da introdurre nel panorama italiano fatto di una miriade di piccole imprese e di imprenditori, specie in aumento quelli di origine straniera: ergo io stato ho in mano le chiavi della tua macchina (la tua impresa) e te le darò quando tu imparerai a guidare la macchina, se no… ciccia. La situazione, io vedo che, invece diamo le chiavi delle macchine (le imprese) anche a coloro che non sanno come guidarle, con i disastri sul fronte es. degli infortuni (ca. un milione l’anno) che per ben il 20% capitano anche ai nostri nuovi “imprenditori”. Non voglio dire che ciò sarebbe la soluzione di tutti i mali, però chi fa un primo passo nella direzione giusta, può procedere bene per gli ulteriori passi.

  • Ma nel nostro campo, nelle formazioni di centrosinistra (dal PD a RC passando per l’Italia dei Valori a SEL) le cose forse stanno meglio? Stanno nella stessa situazione di come stanno nel PdL di Berlusconi. Ma almeno là c’è un Fini che comincia a sbraitare. Qual è il nostro Fini?
  • C’è una qualche formazione politica nel centrosinistra che “racconti di un sogno” da realizzare, magari attraverso piccole sperimentazioni, per tentativi ed errori, a piccoli passi: 20 ore di lavoro produttivo, 8 ore di lavoro riproduttivo (per riprodurre la natura che in maniera del tutto imbecille da oltre 100 anni andiamo allegramente scassando), e 8 ore di formazione permanente. Sarebbe o no una alternativa all’attuale sistema, in crisi profonda tra l’altro. E se non ora quando?
  • E chi lo può dire: un partito che fa del proprio alfa e omega il governo, no certamente, ma un partito che accanto ai dati concreti dell’amministrare deve costruire assieme anche “i sogni” alla propria gente per essere coerente con gli insegnamenti del saggio: “nella notte buia, se vuoi camminare nella direzione giusta occorre ogni tanto volgere lo sguardo verso le stelle, per evitare di camminare intorno”.
  • Forse ci sta’ tentando Nichi Vendola con le sue “fabbriche” che però vorrei conoscere meglio. Il sottoscritto assieme ad altri a Venaria (è un comune della prima cintura Torinese, da poco andato alle elezioni comunali portando a casa un rispettabile 8,2% a SEL), ci sta’ tentando di fondare la “Fabbrica di Venaria”.

2 commenti:

  1. Temo anch'io ma nello steso tempo segretamente forse desidero che la morte del partito sia la condizione perchè possa rivivere un'alternativa, necessariamente slegata dall'attesa di un leader (che equivale, per parafrasare tomass mann, ad un pessimismo rassegnato all'ombra del potere). Per partito da uccidere intendo tutte le macchine preparatorie di comitati elettorali che si mobilitano con maggiore o minore tempestività al fine eslcusivo di contare voti e posti da assegnare. so benissimo, invece, che la vita democratica comporta il faticoso rispetto delle procedure e cioè delle idee altrui. mi interessa piuttostouna vita associativa che cerchi di cambiare la vita quotidiana senza pretendere di cambiare il mondo con un colpo di accetta (cioè un leader). questi sono i miei compagni e non mi interessa più, davvero, sapere come votano o convincerli a votare.
    ciao a tutti. mario

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  2. Ancora analisi. Adesso basta. Alla sinistra non sono mancate le occasioni per farle dopo le ripetute sconfitte. E’ tempo di avere un programma dettagliato su ogni singola questione. Se poi usa ancora questo linguaggio:……………. rapporto dialettico tra “esperienza e scienza ………… era evidente una “pedagogia di massa” nei due sensi dal centro alla periferia e viceversa…….NON HA CAPITO NIENTE. E’ una lingua morta che non ha la nobiltà del latino. E’ un linguaggio vecchio, figlio d’idee non più attuali che non può essere compreso dalla gente perché il tessuto sociale del nostro paese è cambiato.
    …………..C’è una qualche formazione politica nel centrosinistra che “racconti di un sogno” da realizzare……….Qual è il nostro Fini?......... Forse ci sta tentando Nichi Vendola con le sue “fabbriche”.
    Ma dove eravate quando Veltroni ha cercato di cambiare orizzonte e veniva impallinato nel suo stesso partito da chi, dietro le quinte, manovra il “suo” segretario e decide le alleanze. Mi chiederei piuttosto,qual è la differenza, se c’è differenza sostanziale, tra Berlusconi e Dalema.
    Dove eravate quando alle primarie si sorrideva della fresca “stranezza” di un personaggio come Marino ?
    Fini ha detto quello che dovrebbe dire la sinistra. Da una parte c’è la Lega che non ha rinunciato alla secessione e, con quelle che chiama riforme federali, la provocherà di fatto. Berlusconi persegue solo obiettivi personali quali la gestione del potere fino al Quirinale e il benessere delle proprie imprese. A latere c’è la sinistra dell’ignavia che analizza ….. analizza magari in attesa di cavalcare la guerra sociale che, inevitabilmente scoppierà, quando il Centro Sud avrà risorse solo in base ai costi standard e non più ai costi storici.
    Non è bello sperare di essere salvati da un disastro generale, anche se poi combatterò contro chi lo avrà provocato, dovrò sempre rispondere alla domanda: ma tu dov’eri e cosa facevi quando stava per succedere ?

    Mario Ruggieri

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