mercoledì 7 aprile 2010

25 Aprile all'Angolo

4 commenti:

  1. Lettura No Stop delle lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, canzoni partigiane, mostra sulla Resistenza a None e...marenda sinoira.
    Cominciamo dalle ore 15. Chi vuole partecipare alla lettura scegliendo una lettera può mettersi in contatto con il numero di telefono 0119865164 oppure venendo al martedì o al mercoledì all'angolo dalle 19 alle 20. In questo modo sarà possibile organizzare un ordinato succedersi delle letture, delle musiche e della merenda.
    La lettura degli ultimi messaggi dei condannati a morte è edita da Einaudi, ma è possibile accedervi anche cliccando su google lettere dei condannati a morte della Resistenza.
    La lettura è istruttiva. Essa non serve a conoscere solo come erano fatti quei ragazzi uccisi, ma ci aiuta a interrogarci per sapere chi siamo noi. Il fascismo è stato il risultato della prepotenza dei privilegiati alleato con l'ignavia o l'indifferenza dei giusti e degli innocenti che da quel momento hanno smesso di essere innocenti.
    ciao a tutti mario

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  2. ciao.
    mi sono reimbattuto nei dati relativi ai tre caduti della stazione di none nel marzo del 1944 recuperati dall'archivio informatico del partigianato dell'istituto storico della resistenza di torino:

    "camosso emilio carlo" di ernesto e bisceria luisa
    nato a torino il 21.7.23
    resid. a torino v. alfieri, 19
    studente universitario
    caduto a none in data 8.3.44 "colpito da mitragliatrice"
    qualifica: caduto
    grado: comandante di battaglione (25.11.43-14.12.43 e poi 24.2.44-'8.3.44)
    formazione: gran dubbione (26.11.43-24.2.44 e poi 24.2.44-8.3.44)

    "cresti angelo giuseppe" di francesco e nizia carola
    nato a orbassano il 9.5.23
    resid. a orbassano v. dei molini,6
    operaio
    caduto a none in data 8.3.44
    qualifica: caduto
    grado: partigiano (1.1.44-8.3.44)
    formazione: divisione val chisone (1.1.44-8.3.44)

    "serra alfredo" ("fredo") di giuseppe e sodero agostina
    nato a torino il 20.7.22
    resid. a torino c. g. cesare, 6
    commerciante
    caduto a giaveno il 9.3.44 in "seguito a ferimento a none"
    esercito, artiglieria divisionale, sergente
    qualifica: partigiano
    grado: capo plotone (15.12.43-9.3.44)
    formazione: banda geuna (15.12.43-9.3.44)
    a presto!
    r.

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  3. A ridosso del 25 aprile, Roberto Cerchio ha estratto dalla sua biblioteca e mi ha prestato “Covo di banditi. La Resistenza a Cumiana tra cronaca e storia”. L’opera del cumianese Marco Comello edita da Alzani risale al 1998, eppure risulta tuttora piuttosto sconosciuta nel mondo della scuola, della cultura e della politica nonese che dovrebbe avere a cuore la memoria della Resistenza dalle nostre parti. Insieme con “La resistenza alle porte di Torino” curata da Gianni Oliva, la ricerca di Comello dovrebbe interessarci perché è la sola a dare la parola alla testimonianza di Michele Ghio che, in collegamento con le formazioni guidate dal calabrese Giulio Nicoletta, assicurava dai boschi della riserva il recupero delle armi che gli alleati destinavano ai partigiani operanti nella zona.
    Recentemente scomparsi, Ghio e Nicoletta erano molto amici. Con il britannico capitano Pat costituivano un triangolo di intelligenze politico-militari spesso chiamate a reggere le sorti delle formazioni combattenti in questo spicchio di Piemonte. Ghio era freddo e determinato, ma quando il calabrese e l’irlandese facevano scintille, il piemontese doveva far ricorso all’arte sapiente della mediazione per ristabilire l’armonia necessaria in una galassia di bande animate da personalità e ispirazioni non sempre in pacifica convivenza: cattolici, Giustizia e Libertà, socialisti delle Brigate Matteotti, comunisti delle formazioni garibaldine, autonomi.
    Non erano tempi in cui ci si potesse permettere il lusso di far prevalere i contrasti personali sui superiori interessi del movimento (posto che questo lusso possa essere tollerato o vezzeggiato anche oggi).
    Il 3 aprile 1944 Giulio Nicoletta non riuscì ad impedire la strage di 51 civili fucilati dai nazisti presso la cascina Riva di Caia a Cumiana. Poco meno di un mese prima, la mattina del 9 marzo i nonesi che andavano alla stazione per prendere il treno dovettero assistere allo spettacolo macabro dei cadaveri di Emilio Camosso (studente di 21 anni) e di Angelo Cresti (operaio di 21 anni) distesi sul selciato in segno di disprezzo e di monito: persero la vita con Alfredo Serra, commerciante di 22 anni poi deceduto all’ospedale di Giaveno, nel fallito tentativo della banda “Cattolica” di sottrarre al deposito Todt di None armi, munizioni e attrezzature militari.

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  4. Fucilazioni, impiccagioni, villaggi distrutti e cascine incendiate per rappresaglia, deportazioni, rastrellamenti e bombardamenti sostituivano o si aggiungevano alle magre razioni di pane quotidiano fornito dalla tessera annonaria o dal mercato nero.
    Pagine vibranti e asciutte, quelle di Comello, che imprimono un sigillo luminoso e indisponente sui luoghi che ogni giorno possiamo frequentare con noia ignara: i binari della Stazione di None, i boschi della riserva, le borgate Moncalarda, Morelli o Galli sulla strada della Colletta e della Verna, i Picchi e i Maritani, la piazza di Cumiana con la lapide che ricorda l’impiccagione di un diciottenne e di un sedicenne, la croce di pietra che fiancheggia la provinciale a ricordare la strage del 3 aprile. Località che guardo con occhi diversi tutte le volte che le raggiungo in bicicletta, come guidato da un segreto richiamo ad un pellegrinaggio ripetitivo e misterioso.Pagine che si leggono con il cuore gonfio di gratitudine e di emozione e che costantemente ci rodono e ci interrogano. Come le lettere dei condannati a morte, non ci dicono che quei ragazzi e quelle ragazze sono da santificare perché seppero far prevalere la virtù fino agli estremi di un eroismo mai desiderato o ricercato. Piuttosto, ci chiedono che tipi siamo diventati noi.
    Ognuno sa che cosa fare se deve scegliere tra il più forte e il più giusto. Purtroppo, come ha scritto Elsa Morante, “il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto”.
    Un giudizio aspro, tagliente, carico di nobiltà e di spirito elitario, scavato nel solco dell’irriducibile esempio di Piero Gobetti. Troppi free-riders in giro. Dante non ammetteva gli ignavi neppure all’inferno. Solone avrebbe privato dei diritti civili coloro che, durante un conflitto sociale, non si erano schierati con nessuna delle parti in lotta e si erano mostrati indifferenti e insensibili di fronte al bene comune, attendendo il momento buono per salire sul carro del vincitore.
    Ma la metà degli italiani che oggi appoggia questo regime di destra è proprio convinta di seguire il proprio tornaconto? Speriamo di poter leggere e scrivere pagine migliori sulla storia del nostro paese.
    Mario Dellacqua

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