venerdì 25 dicembre 2009

None, il cioccolato ma anche la centrale?


Leggo nella prefazione di un programma elettorale: “None, entro il 2014, diventerà più bella, sarà la porta delle montagne olimpiche e si distinguerà per la qualità della vita e dell’ambiente.”
A distanza di solo qualche mese si discute di  centrali a biomasse e di un depuratore fognario  per conto di  un consistente numero di paesi del pinerolese.
Non riesco a trovare la relazione tra le due cose perché la realtà dei fatti è in chiara antitesi alla premessa.
Non io ma la storia recente ha dimostrato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che i paesi poveri per una ciotola di riso, se detentori di ricchezze naturali ne vengono saccheggiati, in caso contrario, sempre per la stessa ciotola di riso, diventano discariche.
Siamo un paese da terzo mondo ?  Per riscaldare qualche edificio pubblico o risistemare la propria rete fognaria  None deve asservirsi agli interessi privati e pubblici di entità esterne vendendo i polmoni e le aspettative dei propri abitanti ?
None non ha il mare ne la montagna, sorge su un ex terreno paludoso privo di correnti di aria che ne determina i ristagni nebbiosi nei periodi invernali ed il perdurare di generosi “salubri odori” di cascina che non nobilitano il suo biglietto da visita a chi suo malgrado ne è sporadico avventore. E’ come un bambino verso il quale madre natura non si può dire sia stata generosa. Proprio per questo non bisogna abbandonarlo e prevedere per lui delle energiche cure. Perché lo facciamo morire di Aspirina !
Necessita un piano di sviluppo industriale e abitativo, sviluppato autonomamente, che lo connoti in positivo e lo salvi dalla scialba immagine di paese dormitorio ai margini della grande città. In mancanza di ciò, nel deserto di idee e di valide iniziative locali, crescono come cactus  le proposte inique di terzi esterni, pubblici e privati, mossi da propri tornaconti che nulla hanno a vedere con il rilancio del nostro tessuto urbano. Non possiamo stare con il cappello in mano davanti a chicchessia, ben vengano le iniziative se in linea con lo sviluppo sostenibile che decideremo noi di darci, le altre, quelle che ci vogliono imporre, sono da rigettare con fermezza.
E’ pur vero che occorre aprirsi a nuove soluzioni che possono  passare anche dalle proposte ricevute. Può risultare utile mettere insieme due progetti, nati in maniera autonoma l’uno dall’altro, e trovare un collegamento sinergico che ne amplifichi i benefici per la collettività.
Ciò può avvenire, nel nostro caso specifico, costruendo una centrale a biogas anziché a biomasse, con lo sfruttamento degli scarichi  previsti dal depuratore, arricchito dall’apporto dei liquami agricoli. In questo caso verrebbero ridimensionati gli impatti ecologici ed eliminati i dubbi sull’approvvigionamento del combustibile legnoso. Fermo restando la ristrutturazione del sistema fognario e la costruzione della rete distributiva dell’energia a cura dei proponenti, una reale convenienza per tutta la  cittadinanza dovrà prevedere un costo “politico” dell’energia che renda conveniente il suo sfruttamento ed ammortizzi l’eventuale spesa di adeguamento degli impianti domestici.
Il dimensionamento dell’impianto non dovrebbe dipendere dall’entità degli incentivi economici che la società proponente intende intascare bensì dall’entità del “combustibile conferito”. Per quanto ovvio, in base alle condizioni che noi andremmo a dettare, la società farà i suoi studi di fattibilità e le giuste considerazioni di convenienza economica . Qualora decidesse di non abbandonare il progetto delle biomasse, noi saremmo altrettanto legalmente liberi di contestare e contrastarne l’insediamento sul nostro territorio e di trovare  controparti e soluzioni diverse, ribellandoci non più ad una proposta bensì ad un’imposizione.
 Si parla tanto della nuova  figura degli amministratori pubblici più vicini al manager che a Peppone. Ma chi ha detto che Peppone non era un bravo manager ? Anzi di più. Era onesto e non solo batteva i pugni  sul tavolo, ma per difendere l’interesse del paese, i tavoli li faceva anche volare.
Di ciò di cui si decide oggi non vi è traccia in alcun programma elettorale, ne consegue che nessuna parte politica ha “moralmente” mandato per rappresentare i cittadini in tale contesto senza averne ricevuto uno specifico, onde per cui, il “ghe pensi mi” sarà di moda ma non è condivisibile, ne tanto meno giustificabile.

3 commenti:

  1. oltre ad augurare a tutti un buon S. Natale desideravo fare un paio di considerazioni in merito all'articolo di cui sopra.
    Convengo con quanto espresso sul fatto di mantenere l'ambiente dei nostri paesi il più salubre possibile. Però sono convinto che il paese in oggetto (purtroppo non lo conosco e posso quindi sbagliarmi)è riscaldato con energia prodotta da fonti fossili e, di conseguenza il passaggio all'utilizzo del legno è decisamente un passo nella giusta direzione. Purtroppo, e qui la non conoscnza è dilagante, va detto che oggi esistono tecnologie in grado di pulire in modo efficace i fumi di combustione. Che non è necessario, se non in minima parte, utilizzare il legno proveniente dai boschi, ma è possibile produrlo da colture dedicate con metodi non impattanti e con notevoli benefici dal punto di vista ambientale. Si può produrre una importante fetta di materia prima per la centrale sul posto creando anche opportunità interessanti per gli stessi agricoltori. Questo sarebbe un buon passo verso la produzione di energia da fonti rinnovabili e toglierebbe anche quei "salubri odori" (chi vi parla è anche agricoltore e questi salubri odori sono molto meno pericolosi di altri.....)che così tanto infastidiscono. I veri problemi da affrontare, in realtà, sono altri:
    1)la centrale deve essere di dimensione tale da potersi approvvigionare per un buon 80% sul territorio. Questo per motivi di bilancio energetico e ricaduta economico-ambientale sul territorio. Deve valere il concetto di microgenerazione diffusa sul territorio.Va chiuso anche localmente il ciclo della CO2.

    2)Va costruita una filiera produttiva locale che sia in grado di garantire, con certezza di quantità-qualità-prezzo il rifornimento di cippato. il tutto gestito da imprenditori locali

    3)una scelta così impostata è in grado di garantire rese interessanti per almeno una quindicina di anni con positivi risvolti economici per l'agricoltura locale.

    Per chi vuole approfondire il caso potrei anche continuare in quanto noi tutto questo lo stiamo, con successo, facendo.
    Invece di criticare queste interessanti iniziative, bisogna avere il coraggio di prenderle in mano e gestirle localmente. Perchè deve arrivare sempre l'imprenditore "straniero" ad proporle-imporle. La stessa cosa può eseere fatta e gestita, tra l'altro con maggiori garanzie, da imprenditori locali nella cui compagine sociali siano presenti anche i cittadini stessi.
    Questo è un concreto passo verso una civiltà del fare (con le dovute garanzie ovviamente). Un sistema per gestire la produzione di energia in modo "democratico". Noi lo stiamo facendo!

    Angelo Scaravonati
    a.scaravonati@virgilio.it

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  2. ciao, sono Carla Benotti, buon anno a tutti, leggo sempre volentieri il Vostro sito e voglio fare alcune riflessioni sul commento di Angelo Scaravonati
    (Si può produrre una importante fetta di materia prima per la centrale sul posto creando anche opportunità interessanti per gli stessi agricoltori)
    Vediamo insieme e approssivamente il territorio nonese: i terreni incolti si contano sulle punte delle dita, i restanti sono attualmente coltivati dal grano, mais, prati, pioppi, frassini, orti e varie. Questa è una mia analisi di ciò che vedo(approssimata). Quindi, circa 60% delle colture sono destinate per l'allevamento di bovini e suini (mais e fieno), il 20% per il nostro fabbisogno alimentare (grano mais orti) e il restanate 20% per la produzione di legname vario.
    le modifiche delle colture attuali sono possibili solo con un attento studio, l'attuale produzione di carne e latte sarebbe snellita e i coltivatori cosa ne pensano? Hanno forti capitali investiti per attrezzature varie, sono disposti e preparati a modificare tutto? e quale ripercussione economica ci sarebbe nelle nostre tasche? Non dimentichiamo che l'Italia importa carne e latte da altri Paesi. Avremo più energia e meno da mangiare. Niente grano niente pane. Abbiamo l'obbligo di stare attenti.
    Ancora Buon Anno Carla Benotti

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  3. Per quanto ne so, la prospettiva indicata da Angelo Scaravonati e dagli altri soggetti cui si riferisce, è stata esaminata dagli agricoltori di None. L'hanno però ritenuta poco conveniente, e non certo perchè non siano in grado di produrre più latte, anzi. Infatti noi importiamo latte, non perchè le nostre aziende agricole ne producono poco, ma nonostante siano in grado di produrne molto di più. Non possono farlo per le note, dolorose e controverse restrizioni comunitarie. Una totale riconversione della produzione sarebbe sufficiente ad alimentare un impianto del genere? Sarebbe utile se sull'agomento intervenisse qualche esponente del mondo agricolo. Un benvenuto sul blog a Carla Benotti.
    Mario Dellacqua

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