mercoledì 4 novembre 2009

BERLINGUER, CARISMA CONTROVERSO

Martedì 3 novembre, all’angolo non ottuso di via Roma 11, serata dedicata a Berlinguer con Désirée Baffa, Gennaro Baffa, Giovanna Baffa, Jacopo Baffa, Bianco di Andrea, Donato Blonda, Mario Dellacqua, Federica Fidale, Mario Mazzei, Fernanda Mazzoni, Tullio Paganin, Fabrizio Piscitello, Andrea Testa, Tommaso Teti, Torta di mele di Giovanna, Mario Vruna. E’ stata una serata piacevole, leggera, istruttiva.

Una figura, quella di Berlinguer, amata dai suoi compagni e stimata dagli avversari. Un leader carismatico la cui eredità appare controversa. Grande fu il suo contributo per affermare il valore universale e non strumentale della democrazia. Coraggiosa, ma incompiuta la sua autonomia dai sovietici. Molto discussa la teoria della “diversità comunista”. Dopo il filmato abbiamo letto la critica di Giorgio Napolitano all’intervista che Berlinguer rilasciò a “Repubblica” il 28 luglio 1981 per condannare il dilagare della corruzione politica e per contrastare i pericoli di svuotamento della democrazia. Nel suo “Dal Pci al socialismo europeo”, Napolitano racconta lo sconcerto suo e di Gerardo Chiaromonte. Se gli altri partiti sono ridotti a “macchina del potere e delle clientele”, come e dove trovare e alleanze per rivendicare un ruolo di guida e di alternativa per il governo, per cambiare il mondo e il modello di sviluppo? Un discorso che non funzionava perché tagliava i ponti con i socialisti. Napolitano aveva ragione. “Sì, però Berlinguer non aveva tutti i torti - dice Tullio - nel suo giudizio negativo sui socialisti di Craxi e sul loro partito occupato da affaristi”. OK, ma secondo me Berlinguer aveva torto quando sosteneva la “diversità etica dei comunisti” perché da lì alcuni hanno derivato la convinzione che i comunisti avessero il monopolio dell’onestà. Quando si è scoperto poi che la degenerazione clientelare e la politica come opportunità di carriera avevano fatto vittime anche a sinistra, siamo rimasti orfani e adesso molti sono lì che aspettano un leader in arrivo, anche da Lourdes.

Mario Vruna è rimasto colpito dalla ricostruzione dell’incontro-scontro fra Craxi e Berlinguer alle Frattocchie fatta da Alfredo Reichlin nel filmato di Minoli. Reichlin capì che Craxi non era solo uno spregiudicato sfruttatore delle sue rendite di posizione sullo scacchiere politico nella contesa tra Dc e Pci. Egli possedeva una visione politica estranea al pensiero di Berlinguer. Craxi aveva intuito le grandi trasformazioni che avrebbero portato il capitalismo a demolire le sicurezze del posto di lavoro e ad affermare il protagonismo di nuovi ceti produttivi e professionali non organizzabili dai modelli e dai linguaggi delle tradizioni socialiste e comuniste dell’Otto-Novecento. La diversità tra i due, dice Reichlin, è la seguente: Craxi proponeva una strategia di adattamento e di negoziati, mentre Berlinguer, in questo uomo del passato, proponeva di resistere. A furia di adattarsi, gli eredi di Craxi si sono trovati alla corte di Berlusconi, mentre la resistenza ha perso troppi pezzi e subito molte sconfitte. Ci spiegano che l’economia va meglio, che la crisi è alle nostre spalle, che la disoccupazione aumenterà e noi guardiamo in Tv qualcuno salire sui tetti invece di invadere le piazze.

“Adesso è tutto a rotoli” dice Tullio. Va bene, dico io. Oggi non ci sono più nei sindacati e nella sinistra scuole formative di militanti che sperimentano nell’impegno sociale e politico la loro tenuta, la loro capacità organizzativa, la loro passione, la loro competenza e creatività o onestà. Oggi ti puoi trovare consigliere comunale senza aver mai messo piede in una manifestazione, senza aver mai letto o studiato storia, romanzi, economia o poesia, senza aver mai pensato, scritto o distribuito un volantino. Non dobbiamo con ciò lasciarci consumare dalla nostalgia accompagnandola con i toni astiosi delle vanteria e del litigio. Ci sono molti modi di maturare, imparare, sapere, partecipare.

Certo, a noi tocca la ricerca di una nuova prospettiva. Non per forza e per vocazione o tradizione, neppure con la pretesa ansiosa e frustrante di cambiare il mondo con un pugno sul tavolo, ma liberamente possiamo dare il nostro contributo alla dignità della nostra generazione Non vale più la pena di svenarsi e dilapidare risorse umane e materiali nella rincorsa alle tessere, ai voti, alla visibilità di tizio contro caio. Vale invece la pena (o la gioia) di impegnarsi nel mutuo soccorso, o nell’istruzione, o nel movimento sindacale, o nell’amministrazione comunale, o nel volontariato. La politica dell’alternativa per l’uguaglianza, per l’umanità, per la salvezza della natura, è nel fare società.

Lo zio mario

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